Si parte, e non potrebbe essere altrimenti, dalla favola
dell’uva di
Zeusi,
così bella da sembrare vera, e del velo di
Parrasio, evocato da un potente ritratto
di
Tiziano,
capace d’ingannare persino l’occhio allenato di un pittore. Ma dietro un separé,
una
Gioconda (vera o finta?), malamente impachettata da
Henri Caudieu, offre un inganno contemporaneo,
con soggetti d’elezione che tuttavia restano gli stessi nei secoli: le carte,
variamente declinate, e le nature morte.
Per ciò, piuttosto che un percorso strettamente
cronologico, le opere sono accostate per temi: con le nature morte olandesi del
Seicento si confrontano gli artisti dell’Ottocento americano e i francesi di
Trompe l’oeil/Realité, capaci di innovare i codici del genere con inserimenti
onirici e surrealisti.
L’inquadramento storico rimane comunque presente nelle
opere rinascimentali (
Mantegna e Tiziano),
che mostrano la familiarità dell’epoca con gli
aneddoti greci, rafforzata dalla conquista della prospettiva e della tridimensionalità,
e contemporaneamente, nei paesi nordici, da una resa lenticolare del dettaglio.
La fusione di queste tradizioni culturali darà vita nel
Seicento all’epoca d’oro del trompe l’oeil, declinata in nature morte molto
elaborate o nella creazione di vani illusori, sportelli e ante, o Wunderkammer
pittoriche, come lo
Scarabattolo di
Domenico Remps, esempio virtuosistico di uso dello
chantourné, una sorta di sagomatura che
profila l’oggetto o la figura, acuendone l’effetto illusionistico, e che è
riproposta magistralmente in rilettura moderna dall’
Armadietto da operaio di Cadiou del 1970.
Nella messe di carte dipinte su ogni supporto – piatti,
tavolini, bottoni – una scoperta sono le opere di artisti americani come
Peto e
Harnett, che fu addirittura indagato per
falsificazione dal Dipartimento del Tesoro. Artisti capaci di rendere
efficacemente l’ossessione del denaro che caratterizza la società statunitense
e le cui peculiarità sono ben chiarite da uno dei saggi in catalogo, peraltro
ricchissimo e che si potrebbe considerare una sorta di panoramica
sull’argomento.
Le sezioni finali illustrano gli effetti raggiunti
dall’uso innovativo dei materiali finalizzato allo stupore e allo spiazzamento
dell’osservatore:
dal melone all’uncinetto alle pianelle di marmo, le
porcellane che fingono legni o marmi, fino ad alcuni esempi di scultura, in
bilico fra inganno e iperrealismo, come la Venere di cioccolata e la nuotatrice
di
Carole Feuermann.
La volontà d’ingannare e di mettere in dubbio la nostra
percezione e la nostra conoscenza sensoriale differenzia queste opere dal
realismo e dal dato, e incontra un bisogno profondo e immutabile dello
spettatore.
Che dopo le reazioni di stupore potrà porsi interrogativi
ulteriori sulla natura della visione e sull’ambiguità delle apparenze davanti
ai modelli di camera ottica, immagini in 3d ora di moda, ologrammi e un modello
di “stanza di Ames” in una sezione curata dall’autorevole Richard Gregory. Dove
gli inganni incontrano le neuroscienze, per una comprensione “oltre il velo”
dell’illusione.