“E con quanta leggerezza, con quanta naturalezza si crea questo mondo fantastico e fiabesco! Sembra addirittura che la sua visione sia palpabile!” (Fedor Dostoevskij, Le notti bianche)
Le atmosfere di un mondo diverso, familiare solo tramite Delitto e Castigo di Dostoevskij e le composizioni di Dimitri Shostakovich, rieccheggiano attraverso le fotografie di Alexey Titarenko, (nato a San Pietroburgo nel 1962, dove vive).
Le impressioni fantastiche delle sue immagini sono basate su una larga gamma di toni grigi; derivano dalla luce lattiginosa prodotta in città dall’umidità del fiume Neva, un po’ come a Venezia, e dall’operazione del fotografo in fase di scatto: apre l’otturatore per un’ esposizione che può durare fino a due minuti mentre riprende le persone nelle strade. Allora il termine riprendere diviene veramente ambiguo: lo scatto di Titarenko è come un ibrido tra fotografia istantanea e cinematografìa, come nella fotografia del’800, oppure nel cinema muto degli anni ’20.
Per esempio, in Folla sul Viale Sredniy, vicino alla stazione della metropolitana Vassileostrovskaya, Isola Vassilievsky del 1992, una massa scura di persone nel suo flusso su una strada larga davanti ad alti palazzi bianchi, ricorda, tra l’altro, l’atmosfera del lungometraggio Metropolis di Fritz Lang (1926).
A Firenze sono esposte 35 fotografie di Titarenko, la
L’esposizione, a cura di Gabriel Bauret, è divisa in quattro sezioni con singoli titoli, accompagnate da brevi testi introduttivi. Le sensazioni create da Dostoevskij e Shostakovich rimbombano tra le immagini e
l’immaginazione dello spettatore.
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