Architetto, critico, designer ed artista, Gianni Pettena (Bolzano, 1940) è uno dei pilastri fondanti del movimento Radical italiano. Negli anni ’60, infatti, Firenze- città in cui da sempre Pettena vive e lavora- ne costituì uno dei centri più rappresentativi, grazie alla presenza di gruppi storici come Ufo, Superstudio e Archizoom.
L’ampia retrospettiva che la Fondazione Piaggio gli dedica ne testimonia l’approccio curioso e versatile verso le molteplici sfaccettature del reale. Preceduta da un’analoga mostra a Orléans e in contemporanea con il tributo che Londra dedica al Superstudio, dimostra inoltre l’attuale riscoperta, anche a livello critico, dell’arte e dell’architettura degli anni ’60.
Il divano Rumble (1967), ad esempio, si pone come caso emblematico della feconda incursione del critico-architetto nel campo del design. L’oggetto diventa elemento polifunzionale e polisemico, proponendo non solo una nuova accezione dell’estetica e dell’uso, ma rivoluzionando il concetto stesso dell’abitare. Nasce infatti, in questo periodo, il principio dell’open space, così come la riappropriazione di spazi inusuali per le esigenze di un quotidiano più nomade e libero.
Ombra (1986) estremizza ulteriormente questo personalissimo métissage. Gli abiti diventano sedute, funzionali oggetti di design che esaltano il concetto di oggetto portatile e portabile già presente nelle Wearable Chairs del ’71.
Analogamente, l’ibridazione semiotica viene esplorata da Pettena nel campo dell’installazione e dell’architettura. Emblematici del suo procedimento critico-creativo, il Dialogo Pettena-Arnolfo (1968) e il Tumbleweeds Catcher (1972).
Nel primo caso, la nobile armonia dell’architettura arnolfiana viene esaltata da una
Il secondo diventa invece testimonianza della fascinazione subita da Pettena per la cultura dell’on the road americano celebrata da Kerouac, da Bob Dylan o dalla Pivano. Con, in più, la fortissima suggestione cinefila che da sempre gli fa amare Easy Rider e l’Antonioni di Zabriskie Point , non meno del western “classico” di John Ford a cui il Tumbleweeds Catcher è ispirato. Un’architettura nel vento e del vento, che persegue il ritorno alla radice primigenia del costruire e del progettare. Vera matrice del suo percorso critico e creativo, tanto da farlo accostare “in tempi non sospetti” alla cultura tradizionale e popolare, e da generare inedite letture dello spazio come la Ice e la Clay House (1971-72) e i recentissimi Archipensieri (2003).
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Adolfo Natalini Architettore
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il sito di Gianni Pettena
Lezioni di Designi su Rai Educational
www.italian.it/lapobinazzi
www.ideamagazine.net
elena franzoia
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