La sera cala e le parole cominciano a salire. Si distinguono poco all’inizio, si mescolano col colore rosato del muro e sono ostacolate dai buchi dalle finestre. Ma dura poco: presto non si vede altro, sulla facciata ormai scura di Santa Maria della Scala. Le parole prima scivolano a terra e poi si arrampicano sul muro, scorrendo via come i titoli di coda d’un film che non è stato fatto vedere.
È un proiettore dotato di una lampada allo xenon a sparare le parole di
Jenny Holzer (Gallipolis, 1950; vive a New York), che con esse costruisce frasi dai significati slittanti, interrogative, a volte ironiche, che mettono in questione temi come la violenza, la povertà, la guerra, il rapporto fra i sessi: quelli che l’artista ha messo al centro del suo lavoro fin dall’inizio della sua carriera, alla fine degli anni ‘70.
Usando dapprima come supporti magliette, manifesti e placche di bronzo, nel 1982 Holzer inizia a usare gli schermi luminosi (è a Times Square la prima volta), che accrescono visivamente la potenza delle sue affermazioni. Un punto di partenza fortemente legato all’arte concettuale, che si sviluppa poi in direzione di una de-naturalizzazione postmoderna di luoghi comuni, idee preconcette, costruzioni culturali.
È facile accostare questo tipo di operazione a una sorta di
advertising distorto e graffiante che, anziché proporre messaggi a una dimensione, che devono far nascere la stessa idea in chiunque li legga, crea testi interpretabili in più direzioni, spesso enigmatici, in cui è difficile capire chi sia l’emittente.
Alcune delle frasi che Jenny Holzer ha scelto per Siena sono brevissime: “
the future is stupid”, “
men don’t protect you anymore”, “
the beginning of the war will be secret”, “
silly holes in people are for breeding or from shooting”. Frasi la cui brevità, quasi aforistica, è esaltata dalla monumentalità con cui sono presentate; una monumentalità immateriale, effimera, destinata a disperdersi all’arrivo della frase successiva. Una monumentalità, ancora, che contrasta con quella ben più corposa e duratura del duomo di Siena, la cui facciata sta di fronte, appena un po’ spostata di lato, alle frasi dell’artista americana.
Le installazioni di Jenny Holzer sono situate sempre in luoghi significativi, di modo che le frasi, e i loro instabili significati, creino relazioni inaspettate col contesto. Non è la prima volta che Holzer si confronta col paesaggio italiano, né toscano: nel 1996 Firenze fu teatro dell’installazione
Arno, in cui per la prima volta fu usato lo xenon per le proiezioni.
È un dialogo difficile, quello che s’instaura tra la facciata del Duomo di
Giovanni Pisano, costellata di sculture dall’espressività mossa e inquieta ma fortemente assertive, e le parole di Jenny Holzer, veicolo d’una comunicazione apparentemente immediata, che si rivelano tuttavia inquietanti, pervase di scomode insinuazioni.