Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
15
settembre 2008
fino al 26.X.2008 Firenze e gli antichi Paesi Bassi Firenze, Palazzo Pitti
toscana
Imitazione della natura e rappresentazione degli affetti. È il terreno del paragone e del dialogo fra Nord e Sud. Dove si misurano la pittura del Rinascimento fiorentino e fiammingo, in un gioco di rimandi e citazioni...
L’occasione contingente è il cinquantenario della fondazione dell’Istituto Olandese di Storia dell’Arte a Firenze ma, con un limitato numero di opere di grande qualità, la mostra riesce a ricreare un mondo di idee, persone, commerci e cultura, attraverso un percorso cronologico e tematico ricco di suggestioni.
Si parte con opere che i documenti descrivono in Palazzo Medici, come il San Gerolamo nello studio di Jan Van Eyck o la ricostruzione della cappella della villa di Careggi, con il Compianto di Cristo di Rogier van der Weyden, che fonde suggestioni di Beato Angelico con la sua esattezza nordica, accostato a una terracotta del Verrocchio, compatibili in quanto espressione di un profondo bisogno di vitalità, comune a entrambe le culture.
Ma le ville medicee, e in generale le dimore patrizie, erano adorne anche di panni fiandreschi, ovvero dipinti a tempera su stoffa di grande resa che non hanno resistito al tempo, per cui oggi possiamo solo ricostruirne alcuni temi attraverso la grafica, in cui elementi osceni, satirici o grotteschi, come la Donna delle salsicce, che offrivano al pubblico l’opportunità di gustare soggetti “volgari”, non praticati da artisti fiorentini.
Un ruolo importante in questa rete di scambi lo giocano i ritratti che politici e mercanti commissionavano in occasione dei viaggi a maestri fiamminghi, apprezzandone la resa esatta e lenticolare, e che saranno gravidi di conseguenze per la ritrattistica italiana della seconda metà del secolo, come mostrano gli esempi di Ghirlandaio e Perugino, coi loro ritratti di tre quarti, le mani delle figure ritratte sul bordo o a stringere la cornice, contro sfondi di paesaggio tipicamente alla nordica, che arriveranno a permeare i Ritratti Doni di Raffaello e la Monna Lisa di Leonardo.
Analogamente nei paesaggi, grazie anche alla padronanza della tecnica a olio, si perfeziona la resa dei dati atmosferici e gli sfondi si arricchiscono di dettagli con strade, figure, casupole e torrette, ripresi e adattati al paesaggio toscano, come negli sfondi di Filippo Lippi e del Pollaiolo, ma di chiara ispirazione fiamminga.
Fulcro della mostra e carichi di suggestione sono i dipinti a soggetti sacro, dalla Passione di Memling a piccoli dittici devoti, a immagini del Cristo dolente che sembravano ai contemporanei più sinceri, nel senso di un’espressività e di un patetismo esasperati e per questo sentiti più autentici, e apprezzati anche da Savonarola, come mostrano le derivazioni -o vere e proprie copie- realizzate a Firenze. Su tutti trionfano i grandi trittici di Memling e del Maestro della leggenda di Sant’Orsola, dipinti per i colti e potenti Pagagnotti, che si possono intendere anche come una svolta di gusto.
All’alba del Cinquecento, la diffusione delle stampe permette una circolazione più rapida di idee e modelli, e tuttavia la cultura dominante, con Vasari e Michelangelo, parlerà di un’arte “senza sostanza e senza nerbo” riferendosi ai fiamminghi, mentre la Madonna con Bambino di Michelangelo scolpita per la Chiesa di Nostra Signora raggiungeva Bruges e apriva all’egemonia culturale italiana nell’Europa del tempo. Egemonia che ha però radici molto più lontane e complesse, a cui certamente non furono estranei i fiamminghi.
Si parte con opere che i documenti descrivono in Palazzo Medici, come il San Gerolamo nello studio di Jan Van Eyck o la ricostruzione della cappella della villa di Careggi, con il Compianto di Cristo di Rogier van der Weyden, che fonde suggestioni di Beato Angelico con la sua esattezza nordica, accostato a una terracotta del Verrocchio, compatibili in quanto espressione di un profondo bisogno di vitalità, comune a entrambe le culture.
Ma le ville medicee, e in generale le dimore patrizie, erano adorne anche di panni fiandreschi, ovvero dipinti a tempera su stoffa di grande resa che non hanno resistito al tempo, per cui oggi possiamo solo ricostruirne alcuni temi attraverso la grafica, in cui elementi osceni, satirici o grotteschi, come la Donna delle salsicce, che offrivano al pubblico l’opportunità di gustare soggetti “volgari”, non praticati da artisti fiorentini.
Un ruolo importante in questa rete di scambi lo giocano i ritratti che politici e mercanti commissionavano in occasione dei viaggi a maestri fiamminghi, apprezzandone la resa esatta e lenticolare, e che saranno gravidi di conseguenze per la ritrattistica italiana della seconda metà del secolo, come mostrano gli esempi di Ghirlandaio e Perugino, coi loro ritratti di tre quarti, le mani delle figure ritratte sul bordo o a stringere la cornice, contro sfondi di paesaggio tipicamente alla nordica, che arriveranno a permeare i Ritratti Doni di Raffaello e la Monna Lisa di Leonardo.
Analogamente nei paesaggi, grazie anche alla padronanza della tecnica a olio, si perfeziona la resa dei dati atmosferici e gli sfondi si arricchiscono di dettagli con strade, figure, casupole e torrette, ripresi e adattati al paesaggio toscano, come negli sfondi di Filippo Lippi e del Pollaiolo, ma di chiara ispirazione fiamminga.
Fulcro della mostra e carichi di suggestione sono i dipinti a soggetti sacro, dalla Passione di Memling a piccoli dittici devoti, a immagini del Cristo dolente che sembravano ai contemporanei più sinceri, nel senso di un’espressività e di un patetismo esasperati e per questo sentiti più autentici, e apprezzati anche da Savonarola, come mostrano le derivazioni -o vere e proprie copie- realizzate a Firenze. Su tutti trionfano i grandi trittici di Memling e del Maestro della leggenda di Sant’Orsola, dipinti per i colti e potenti Pagagnotti, che si possono intendere anche come una svolta di gusto.
All’alba del Cinquecento, la diffusione delle stampe permette una circolazione più rapida di idee e modelli, e tuttavia la cultura dominante, con Vasari e Michelangelo, parlerà di un’arte “senza sostanza e senza nerbo” riferendosi ai fiamminghi, mentre la Madonna con Bambino di Michelangelo scolpita per la Chiesa di Nostra Signora raggiungeva Bruges e apriva all’egemonia culturale italiana nell’Europa del tempo. Egemonia che ha però radici molto più lontane e complesse, a cui certamente non furono estranei i fiamminghi.
articoli correlati
Paesi Bassi a Firenze, da aprile a ottobre la seconda edizione di Olandiamo?
silvia bonacini
mostra visitata il 4 luglio 2008
dal 20 giugno al 26 ottobre 2008
Firenze e gli antichi Paesi Bassi (1430-1530)
a cura di Bert W. Meijer
Palazzo Pitti – Galleria Palatina
Piazza dei Pitti – 50125 Firenze
Orario: da martedì a domenica ore 8.15-18.50
Ingresso: intero € 12; ridotto € 6
Catalogo Sillabe, € 30
Info: tel. +39 0552654321; www.firenzeeipaesibassi2008.it
[exibart]