È la pittura ad essere sotto esame nella vecchia sede di Daniele Ugolini Contemporary, mentre nella nuova galleria, nei pressi di Piazza Ognissanti, già si lavora. Ininterrotta rappresenta una sorta di analisi a campionatura variegata sulla pratica della pittura. O meglio, sul concetto stesso di immagine, espresso tramite il mezzo pittorico. Sei giovani e poliedrici artisti, abituati a lavorare su materiali e con mezzi disparati, s’interrogano sulle potenzialità della rappresentazione pittorica, della quale si cerca di ricostituire la formula. Una risposta al dubbio sulle sue reali possibilità, che si rivela tuttavia una conferma a una risposta già data. In una realtà satolla d’immagini digitali immediate ed efficaci, irrompe l’evanescente fascino del dipingere, attraverso una linea espressiva e storica, irregolare ma ininterrotta.
Dai paesaggi di Daniele Bordoni (Jesi, Ancona, 1974, vive a Madrid) attraversati da rigide linee di tralicci asimmetrici e monumentali edifici, dove un’atmosfera cupa di periferica aggressività nasconde un’impeccabile decodificazione geometrica; per arrivare ai surreali e per niente drammatici incontri di Enrico Vezzi (S.M iniato, Pisa, 1979). Spazi aperti e naturali di richiamo ottocentesco che si incontrano, all’interno di una tecnica pittorica che rende l’atmosfera confusa, con una curiosa modernità, rappresentata dal piccolo robot, a caccia, si direbbe, di prove e testimonianze.
Non vogliono guardare, invece, i personaggi di Alessandro Colucci (Bari, 1976, vive tra Bari e Milano). Pur in un’evidente posa, i soggetti hanno il volto coperto, quasi a negare la propria stessa esistenza. Ma l’inquietudine del mistero è subito mitigata dalla serenità formale e dei toni, talvolta impressi persino di vivacità.
Decisamente familiare, invece, la minuziosa Cucina di Francesca De Rubeis (Ortona, 1978, vive tra Roma e Pescara) come anche la serie di tovaglie, dove ad essere dipinto è un unico soggetto, come per voler scovare in esso un aspetto ancora non evidente.
Un’esplosione di colori popola i quadri di Matteo Fato (Pescara, 1979), affollati come tavolozze alla fine di un lavoro; ritratti e nature morte che richiamano l’attesa e suscitano l’idea di un mancato compimento. Ancora nature morte e soggetti umani per Fabio Pistillo (Roma, 1973) che sembra distinguere l’immagine dall’oggetto rappresentato. Tracciando una separazione tra il senso, il percorso percettivo, la tecnica pittorica, l’immagine finita e la denotazione, l’immagine di partenza. Rivestite di colori nuovi e racchiuse in contorni sfocati, le immagini trasmettono irrealtà e credibilità al contempo.
valentina bartarelli
mostra visitata il 18 novembre 2005
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Non male in una firenze ancora molto addormentata...le immagini di Bordoni e Colucci dove sono?