Un’occasione per storicizzare tutte quelle ricerche artistiche che, fino a non molti anni fa, erano considerate pura emanazione del più alto artigianato o del marketing industriale. Questa mostra consente di rintracciare nella multiforme produzione cui nel corso del secolo è stato oggetto quest’elementare – quanto indispensabile – complemento d’arredo, il filo di una corrispondenza tra il sentire di quegli anni e le risposte creative dei designer.
Scandita attraverso gli intervalli temporali dei decenni, l’esposizione ripercorre le diverse fasi di una progettualità in costante dialogo con la vita, capace di segnalarne valori e possibilità. In un allestimento che ricopre di pannelli di osb rubato all’edilizia le pareti del Salone Borghini e del Salone delle Compagnie, ci troviamo a passeggiare in un ‘cantiere’ creativo ancora aperto. Dove si susseguono i segni distintivi di una cultura dell’abitare codificata da grandi architetti del passato e da designer contemporanei.
Al di là di tendenze che spesso si traducono solo in pleonastica decorazione, in questi classici del design, simbolo e funzione si compenetrano, tanto che talvolta la funzione strumentale è subordinata a quella denotativa. La pratica del progetto non si è adagiata in un servile ossequio nei confronti della funzione e delle richieste del mercato, ma ha trovato nella forma la capacità di elaborare una sintesi superiore di significato. Per questo, già visitando le prime sezioni, si resta ammirati per il livello di contemporaneità.
I primi designer ante litteram si presentano con la nascita delle avanguardie storiche, quando i principi dell’arte trovano un immediato eco nell’architettura e nelle arti applicate. Personaggi come Josef Hoffmann e Frank Lloyd Wright sono fra i primi fautori di quel rapporto dialogico tra architettura, complemento d’arredo e arte figurativa, ancora in atto. Ecco allora che nella sedia Roodblauwe stoel (1918, Gerrit Rietveld) spazio e superficie sono ridotte a pure entità geometriche tinte con colori primari, esattamente come avrebbe potuto fare Piet Mondrian. Sono gli anni del Bauhaus e dell’ingaggio sociale delle arti applicate, del suprematismo russo. Nel 1925 la prima sedia in acciaio tubolare piegato a firma di Marcel Breuer, segna l’esordio di un materiale che in brevissimo diventerà il preferito dal modernismo francese di Le Corbusier.
maurizio rossi
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