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Le pietre dure son materia che
vi si intaglia drento ogni sorta di lavoro, e per quelle si conserva più
l’antichità e le memorie, che in altra materia”,
scriveva il
Vasari nell’esaltare i pregi della
glittica, antica tecnica che prevede la lavorazione diretta, tramite incisione,
taglio e sfaccettatura, di pietre preziose e pietre dure. Fenomeno culturale
dell’epoca rinascimentale e aspetto tra i più seducenti della riscoperta
dell’antico, fece di Firenze e Roma i più grandi centri di produzione,
riacquisendo il primato perduto in epoca romana, quando la glittica era al
servizio della propaganda imperiale.
Oggetto di conquista da parte di
sovrani e papi, che bramosamente agognavano il possesso dei più preziosi, i
minuti capolavori dalla perizia certosina devono la loro fortuna all’impiego di
materiali costosi oltre che rari, alla facilità di trasporto per le dimensione
ridotte e all’attribuzione di proprietà magiche a seconda della pietra
utilizzata o del soggetto inciso.
Recenti e approfonditi studi sul
tesoro mediceo – una delle più grandi e prestigiose collezioni glittiche al
mondo – hanno fornito nuove ipotesi e sono confluiti in una mostra che ne
traccia la complessa storia. Iniziata da Cosimo il Vecchio e trasmessa a Piero
de’ Medici,
raggiunse l’apice con Lorenzo Il Magnifico, che ne fece una
raccolta degna della sua fama e il cui interesse non tardò a diffondersi
nell’ambiente artistico fiorentino.
A questa fase la mostra dedica la
sezione più ampia, dove si concentrano codici miniati, disegni, medaglie,
dipinti e sculture. Tra le gemme più note,
Icaro e Dedalo,
Pasiphae e Artemide e
Ingresso nell’arca,
ma soprattutto
Il sigillo di
Nerone, corniola
di età augustea con Apollo, Marsia e Olimpo, attribuito da
Ghiberti a
Policleto, che ritroviamo cingere l’esile
collo di Simonetta Vespucci nel dipinto di
Botticelli Ritratto femminile idealizzato,
esposto per la prima volta in
Italia. Soggetto prediletto anche per incunaboli e codici, e ben visibile nel
frontespizio del
Canzoniere di Petrarca di
Gherardo di Giovanni.Tra i disegni, invece, studi di
figure di
Leonardo e del
Parmigianino,
mentre non si può
non citare
tra
le sculture il
Busto di giovane neoplatonico attribuito a
Donatello, che esibisce un medaglione con
la riproduzione del cammeo
Il carro dell’anima descritto nel
Fedro.
Dal salone di Giovanni da San
Giovanni dove origina la mostra, il percorso si snoda nelle altre tre sale, che
documentano la collezione dal XVI al XVIII secolo. Dal declino con la morte del
Magnifico alla rinascita a opera di Cosimo I e dei figli Francesco e Ferdinando
fino agli ultimi Medici. E dove emergono il ritratto di Cosimo I del
Bronzino, il grandioso cammeo che lo
immortala con la famiglia al completo, e l’effige del cardinale Leopoldo de’
Medici dipinta dal
Baciccio.
Oltre 170 pezzi, per una mostra
che supera le aspettative, distinguendosi per la preziosità delle opere, per il
rigoroso e articolato allestimento che permette alla collezione di dialogare
con la solenne location senza rimanerne penalizzata, nonché per il
considerevole apparato storico-artistico e bibliografico del catalogo.