18 gennaio 2006

fino al 28.I.2006 Spike Lee – Notes of Freedom Firenze, Quarter

 
Spike Lee incontra la fotografia. Al Quarter di Firenze. Ed è la moda a fare le presentazioni. Una committenza Levi’s è il punto di partenza per una mostra che rimane in linea con spirito polemico del regista. Pur strizzando l’occhio al mercato. Raccontando di una New Orleans che, dopo Katrina, ha voglia di ricominciare...

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Maglione scuro, cappello vecchio stile, una vistosa croce al collo incastonata di teschi. E un paio di jeans. Ecco come si presenta Spike Lee a Quarter, che ospita a Firenze l’unica tappa mondiale della sua mostra fotografica. L’occasione è collegata a Pitti Uomo Immagine, che si svolge in questi giorni. La kunsthalle fiorentina stringe così un sodalizio con il mondo della moda e conquista l’attenzione internazionale.
È Levi’s ad invitare il famoso regista nero, con la richiesta di ideare opere che interpretino il concept della nuova linea Engineered, pensata per offrire libertà di movimento. Notes of freedom, non a caso, il titolo dell’esposizione.
Lee sceglie di confrontarsi per la prima volta con la fotografia e propone i ritratti di The hot 8 Brass Band, un gruppo di New Orleans che ritrova nella musica le radici della città devastata dell’uragano Katrina. “Sto girando un documentario su New Orleans dopo questo disastroso evento e l’idea delle fotografie ha origine da questo”, dice il regista. “In seguito all’alluvione, la reale causa di distruzione, moltissimi neri sono stati allontanati dal luogo e condotti in quarantotto stati diversi, senza neanche sapere dove venivano diretti. Spike Lee, Tuba Bennie Big Peter Pete La popolazione di colore era l’anima della città. Ma adesso New Orleans sta diventando bianca. L’entusiasmo della Hot 8 Brass Band cerca ancora, in contrasto, di far riaffiorare la vita e le tradizioni nere. Con la musica”.
Della città Spike Lee non fotografa le architetture e gli spazi urbani, ma le persone. “I palazzi non possono indossare jeans”, ironizza. Le immagini in bianco e nero, apparentemente statiche, acquistano dinamismo nella composizione d’insieme e vanno lette nelle relazioni che si instaurano tra una foto e l’altra. Nell’imponente spazio espositivo di Quarter, sei proiettori mostrano sulle pareti gli scatti di Lee. La scelta espositiva conferisce alle immagini un’evanescenza luminosa che si ricollega al cinema. L’allestimento è completato da grandi forme scure che emergono dal pavimento come relitti galleggianti e fanno da contrappunto alle fotografie.
Il regista ammette: “Mio fratello, che è un ottimo fotografo, mi ha aiutato molto dal punto di vista tecnico. Ma l’ideazione è mia. Conosco l’arte contemporanea e a New York frequento le gallerie. Lavorare con le immagini fa parte del mio mestiere. Nonostante questo, non credo che il cinema possa essere assimilato alle arti della visione. In un film, acquistano molto rilievo la storia e la colonna sonora”. Poi continua: “Quello che mi interessa è rappresentare la realtà nel modo più oggettivo possibile e per farlo non mi bastano le immagini. Certo,Spike Lee, Trumbone Keith Wolf Anderson ogni artista ha la sua missione e non è possibile definire univocamente il ruolo che deve rivestire. Per me, è fondamentale far emergere un ritratto della società americana, soprattutto quella nera, che troppo spesso rimane stereotipata”.
Ci si chiede se l’impegno politico e sociale profuso nel lavoro di Spike Lee non sia in contrasto con la scelta di lavorare per una campagna pubblicitaria. “Non vedo il problema. Io autoproduco i miei film perché non voglio che altri mi dicano cosa devo girare. Senza fondi, non si fa cinema”.
E, aggiungiamo noi, nemmeno mostre di qualità. La realtà di Quarter sta riuscendo a sopravvivere nel contesto fiorentino, da sempre concentrato soprattutto sul suo passato, grazie ad una gestione dei finanziamenti che ha del miracoloso. Rimane a galla. Ma si salverà solo se gli investitori, pubblici e privati, getteranno il salvagente verso la cultura contemporanea.

silvia bottinelli
mostra vista l’11 gennaio 2006


Spike Lee. Notes of Freedom
Fino al 28 gennaio 2006
Quarter. Centro Produzione Arte
Viale Donato Giannotti 81 (50126)
+39 0556802555 (info)
info@quarterart.org
www.quarterart.org


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7 Commenti

  1. Scusate, di quale gestione miracolosa dei fondi parlate?!!

    Faccio notare alle anime candide che si occupano d’arte (Risaliti e recensori) che a pochi metri di distanza dal Quarter, nella stessa struttura gestita dalla UniCoop Firenze, una nota catena di distribuzione di elettrodomestici paga – per quanto ne so – circa 100 milioni delle vecchie lire al mese per l’affitto di un fondo di gran lunga più piccolo rispetto all’enorme struttura che ha a disposizione il Quarter di Risaliti e Co.

    Senza essere premi Nobel di matematica ne consegue che solo l’affitto del fondo costa – anche facendo i conti in difetto – circa un miliardo e mezzo di vecchie lire, questo sia che si parli di soldi che il Quarter paga effettivamente alla proprietà che di mancati guadagni nel caso che il fondo venga dato in uso gratuitamente.

    Tutti questi soldi spesi (o non pagati) per delle mostre sponsorizzate e costituite da una manciata di foto appese. Mostre di sono di gran lunga inferiori a quelle realizzate da galleristi privati quali Bagnai, Poggiali e Forconi o altri, che i soldi li tirano fuori di tasca propria realizzando fortunatamente per loro anche un discreto utile, con l’unica differenza che alle inaugurazioni delle mostre private dei galleristi possono entrare tutti e a quelle pubbliche del Quarter solo i raccomandati che sono stati invitati!!

    Abbiate pietà di voi, smettetela di prendere in giro la gente, nessuno vi crede più!!

  2. il mio nome lo vedi, quello che scrivi è una evidente ignoranza di quanto costi l’arte, anche quattro foto per farle arrivare costa, non parliamo se si tratti anche di farle incorniciare…e a carico di chi sono i costi di stampa? vogliamo parlare di assicurazione? riscaldamento?ufficio stampa? inviti? un posto pubblico poi richiede una security… e i computer? spese telefoniche? ospitalità dell’artista? i chiodi? il martello? lo stucco per coprire i buchi della mostra precedente? un caffè per chi monta? conta…conta…non finiscono mai…

  3. è stato bellissimo quel giorno che avevo letto di un’inaugurazione al Quarter e, passando di lì, ci andai. Si trattava della mostra di Cucchi. Tornavo da un giro nel bosco, quindi non in smoking, ed ero piuttosto avvinazzato. Appena fatto quattro passi dentro mi blocca un tipo un po’ anzianotto e, con fare scherzoso, mi dice che ci vuole l’invito e mi accompagna all’uscita.
    Rimasto piuttosto stranito dalla cosa: da nessuna parte avevo letto della necessità di un invito – per la cena che si sarebbe tenuta lì, mi sa – potevano risparmiarmi questa figuruccia…
    L’ultima che ho visto è stato lo scorso mese: la sala grande piena di televisori che proiettavano ciascuno un video di vari artisti.
    Sinceramente non ne ho trovata una, di mostre, di mio gradimento.

  4. voglio fare qualche precisazione: nonostante le mostre a Quarter non siano proprio di mio gusto mi fa piacere che a Firenze ci sia uno spazio del genere. Infatti gli spazi espositivi sia pubblici che privati non sono molti e di eventi ce ne sono pochissimi. Sono poche le gallerie, come quelle citate da Hans Jtuz, ed altrettanto poche le mostre d’arte contemporanea. Se poi si considera che il Pecci va così e così ed i lavori per il nuovo centro per l’arte vicino a piazza Dalmazia sono fermi (causa appalto non meritato, si dice), Quarter è tutto di guadagnato.

  5. Faccio notare a Don Abbondio che le spese che elenca le sostengono piu’ o meno tutti, galleristi privati e espositori pubblici (o apparentemente tali) con l’unica differenza che i privati tirando fuori i soldi di tasca propria riescono a gestire le proprie risorse con parsimonia, spesso riescono a rientrare delle spese e a volte anche a realizzare un utile, gli enti pubblici invece, usando dei soldi che non sono loro non si curano di come li spendono, stanno sempre a lamentar miseria e a scaricano la colpa della propria inadeguatezza sulla mancanza di fondi pubblici. Questo senza considerare il fatto che spesso gli enti pubblici fanno pure pagare l’ingresso.

    E’ evidente che se c’e’ qualcosa che non va è nella testa di chi amministra queste strutture e ancor più in quella dei politici che li scelgono per amministrarle.

    Andrebbe ricordato a chi si occupa di arte contemporanea che fino a pochi anni fa essere artista – salve rare eccezioni – era sinonimo di miseria e indigenza, e non per questo non si produceva arte. Oggi la maggior parte degli artisti, curatori e amministratori non si muovono se non sono lautamente spesati, ospitati in alberghi di lusso e trattati da prime donne con cene inauguralie privata per amici, parenti, nani e ballerine.

    Il Quarter di Firenze poi e’ un caso unico nel mondo, visto che è nato solo per fornire un’alibi pseudoculturale all’amministrazione di sinistra del Comune di Firenze affinche’ i loro compagni della UniCoop di Firenze (principale azionista della Unipol di Consorti e Co.) deturpassero Firenze sud con l’ennesimo, inutile, mastodontico centro commerciale.

    Aggiungo poi, che per quanto riguarda il Quarter tra tutte le spese elencate da Don Abbondio, andrebbero almeno detratte quelle per l’ufficio stampa e per la comunicazione visto che e’ diventata ormai una loro abitudine quella di annullare le mostre all’ultimo momento senza avvisare la stampa o di fare cene inaugurali private su invito pubblicizzandole pero’ ad ingresso libero, con l’unico risultato che le poche persone che hanno ancora voglia di andare ad una inaugurazione si trovano in tutti e due i casi davanti ad una porta sbarrata e l’unica cosa che gli resta da fare e di approfittarne per fare la spesa alla Coop.

    Sul merito della qualita’ delle mostre non entro nel dettaglio visto che ognuno può avere la sua opinione. Per quanto mi riguarda penso che la maggior parte di quelle fatte fino ad ora siano state di gran lunga inferiori a quelle che si possono trovare da molti galleristi privati. Quella di Spike Lee fino ad ora l’ho vista solo in tv visto che all’inaugurazione non mi hanno fatto entrare, ma da quello che ho visto su giornali e tv – senza mettere in dubbio le sue qualita’ come regista – non mi sembra che le sue fotografie siano superiori a quelle che avrebbe fatto un “qualsiasi bravo fotografo”, con l’unica differenza che il “qualsiasi bravo fotografo” non sarebbe costato così tanto e non avrebbe sollevato lo stesso clamore mediatico!!

  6. se non fossi così stupido avresti notato che ho una galleria d’arte nel centro di Milano, per cui forse ho ualche competenza per risponderti, posso sapere invece di cosa ti occupi tu?

  7. Il fatto che non abbia notato chi e’ lei (Galleria Pack di Milano) e’ solo una sua supposizione.

    In quanto alla stupidita’ bisogna vedere se sono piu’ stupido io che dico le cose come stanno o lei che vende “il nipote di…” quando, più o meno tutti nel mondo dell’arte sanno che le “sue” foto – almeno fino a non poco tempo fa – non le scattava lui!!

    Ma poi perchè se la prende tanto, e’ forse imparentato con Risaliti, con il sindaco di Firenze o con il presidente dell’UniCoop?!

    Inquanto a me…ma che te’ frega scusa?!! 😉

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