Gutai bijutsu kyokai, associazione di arte concreta, nasce in Giappone a metà degli anni Cinquanta con anima “rivoluzionaria”. Per affermare la dignità di uno spirito libero e per materializzare in tutte le forme di arte plastica la ricerca di nuovi impulsi e di una nuova cultura. Una “rivoluzione” che tentava di far nascere un uomo nuovo, diverso da quello che aveva concepito guerre, dittature e stermini di massa.
Antesignani dei movimenti europei degli anni Settanta Shozo Shimamoto, Jiro Yoshihara, Akira Kanayama, Saburo Murakami e Kazuo Shiraga, componenti del gruppo Gutai, teorizzano una pittura-azione, performance, happening. Opere in grado di uscire dagli appositi spazi adibiti all’arte, gallerie e musei, e rivolgersi direttamente alle persone, spesso in modo crudo e provocatorio.
Sparare i colori sulla tela con ordigni artigianali, ideare sonorità per le performance, coinvolgere il pubblico: tutto ciò esprime per Shozo Shimamoto (Osaka, 1928) la capacità e la consapevolezza di creare un palcoscenico diverso in cui l’arte mette al bando il pennello e si esprime matericamente. “Un colore senza materia non esiste”, scrive, la bellezza della materia deve sopravvivere anche alla forzatura del pennello. Solo attraverso “screpolature ed erosioni, o magari una mutazione di colore sopravvenuta inaspettatamente” possiamo scoprire la bellezza intrinseca nelle sostanze coloranti.
Shimamoto è un pittore concreto, che aggiunge l’azione alle fondamentali qualità materiche. Scaglia il colore roteando intorno alla tela e muovendosi forsennatamente in una vera e propria performance. Il dripping di Jackson Pollock e l’action painting sono naturalmente basilari nelle sue composizioni, a cui l’artista giapponese unisce, esaltandolo, il rapporto con il pubblico.
Attorno al 1950 realizza i primi Ana (Buchi), lavori anch’essi nati come risultato di un’azione casuale, molto simili a quelli che Lucio Fontana stava creando circa nello stesso periodo in Italia. Da autentico sperimentatore elabora opere sonore, sempre attento agli impulsi esterni e agli archetipi interiori per poi materializzarli in opera d’arte.
“La sua filosofia è sempre quella di rendere concreta l’anima”, scrive Valerio Dehò nel testo in catalogo, come dimostra questa esposizione, che abbraccia molti periodi dell’attività di Shimamoto fino alla serie di opere Crane Performance Napoli 2006. L’artista riesce a rendere ancora fresca ed attuale la sua espressività anche dopo sessant’anni di carriera. Continua ad esprimere spiritualità in totale naturalezza e immediatezza, usando gesto e colore con sapienza e prolungando ancor oggi la sua giovinezza creativa.
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daniela cresti
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