Per l’inaugurazione dei suoi nuovi spazi espositivi a Firenze, Daniele Ugolini ha scelto di presentare una serie di opere recenti di Kuba Bakowski (Poznan 1971, vive a Varsavia). Giovane artista polacco, Bakowski opera abitualmente con trasversalità di metodo e linguaggio, comprendendo nella sua pratica consueta l’installazione, la scultura, il video e la fotografia. L’installazione che titola la mostra, ad esempio, è costituita da una piccola foto che lo ritrae. Dalla foto parte un filo che ironicamente si lega ad un dente di Yuri Gagarin icona della cosmonautica. Gagarin che a sua volta viene raffigurato -come fosse una rock star- in una t-shirt posata sul pavimento e gonfiata grazie all’aria emessa da un ventilatore. A mimare con leggerezza la prima, storica, misteriosa spedizione astrale. Un’opera, questa, che risulta esemplificativa di tutto il lavoro dell’artista, che si muove con disinvoltura tra spunti ironici e rappresentazioni intense e talvolta drammatiche.
Ad analoghe conclusioni si arriva osservando lo splendido lavoro plastico A boy and his dog, nel quale l’autore riproduce la propria immagine assieme a quella del proprio cane (entrambi realizzati in vetroresina). La camminata dell’uomo/artista in completo antiatomico (completi di protezione e d’emergenza che ricorrono nei suoi lavori e che l’artista reperisce nei mercati delle città orientali) consiste nell’attraversamento di un territorio azzerato, che non conosce più alcuno sfondo naturale. Qui la paura vissuta da molti durante il periodo successivo agli eventi bellici si sublima su essenziali toni di poesia pura. Pericolo e necessità di difesa dunque. Per una post umanità disillusa ed aliena perfino a sé stessa, alla quale non rimane che la forza e lo spazio di potersi immaginare ancora una volta differente.
Le foto della serie Museum of Earth –con le quali l’artista appunto immagina la propria civiltà esposta e congelata in un museo realizzato altrove, lontano dalla terra su di un asteroide- confermano questa visione.
Affascinanti anche le piccole navette spaziali di Spaceship, Explorers samplers and others explorative device. Astronavi impossibili per viaggi surreali che l’autore costruisce utilizzando pillole, antibiotici e farmaci dei più vari, responsabili di effetti subiti per lo più su territori domestici e quotidiani che nelle realtà spaziali. Bakowski opera quindi con ambiguità sottile e leggera su un doppio binario: quello dell’ironia e della messa in campo di contenuti forti. Con la volontà di rideterminare e di amplificare l’immaginazione collettiva, acquisendo come proprio attivante fabrile le molteplici suggestioni e prospettive tratte dall’immaginario fantascientifico.
Questa ambiguità evocata e definita attraverso le opere, gioca al nascondimento della realtà effettiva che così provocata diviene una realtà in confusione, enigmatica, relativa ma proprio in quanto tale profondamente poetica.
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Redazione Exibart
mostra visitata il 15 luglio 2006
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