Mondi interiori, civili e sociali, nei lavori di
Ilya & Emilia Kabakov (Dnepropetrovsk, 1933 e 1945; vivono a New York) hanno la forza della concretezza e la poesia dell’immaginazione.
Un mondo segreto e privato dà inizio alla mostra, che nell’alternarsi di lavori installativi e ambientali narra la storia dell’individuo a partire dalla protezione del proprio intimo paradiso (
Paradise under the ceiling) e della relazione con un universo in cui un uomo barcollante cerca l’ignoto e si misura con l’infinito e l’infinitamente grande (
Old forniture and little white man). In questo senso, anche l’angelo caduto nel giardino della galleria, così come altre opere in mostra, sembrano soffermarsi sulla rottura e la ricomposizione di ogni possibile misticismo.
La grande installazione in platea (
The blue Carpet) crea un osservatorio per ricostruire nel silenzio il recupero di piccole porzioni di vita raccolte in oggetti minimi e carichi di ricordi. Quasi come se nella grandezza di un oceano blu (l’ambiente creato al centro della platea è quasi interamente coperto da un enorme tappeto azzurro) potesse ritrovarsi il senso dell’esperienza e delle cose.
Fra ricostruzione ideale e pragmaticità costruttiva è anche il lavoro di
Carlos Garaicoa (L’Avana, 1967; vive a Madrid e L’Avana), artista cubano presente alla 53. Biennale di Venezia, i cui progetti di ricostruzione paesaggistica attraversano l’architettura per trovarne nuove basi, percorsi di senso e funzionalità.
La storia delle immagini si unisce a una visione architettonica intesa come insieme di valori civili, sociali ed estetici con cui connotare il tempo e la forma dello spazio pubblicamente inteso, e che nelle sue visioni trova una nuova personalità.
La ricerca di una misura sembra poi esser fondamentale tanto per i progetti esposti sul palco dell’ex cinema quanto nella sede sotto l’arco, in cui la carta millimetrata ristabilisce la geometria e la gerarchia delle piccole dimensioni anche nei light box, in cui, quasi come in un museo della scienza, la raccolta degli elementi (siringhe e oggetti, ma anche insetti e piccoli animali) offre una lettura antropologica del nostro tempo.
Il dialogo fra gli interventi di Garaicoa e dei Kabakov, nella necessaria differenza linguistica, insieme a
Changing Rooms (un labirinto di cabine per il cambio degli abiti negli spazi dell’ex biglietteria) di
Leandro Elrich, all’intervento di
Sol LeWitt progettato nel 2004 e a
Memory di
Shilpa Gupta (un muro di cemento che invita a guardare il paesaggio con gli occhi della memoria), sembra ricostruire una mappa in cui ricerca artistica, dimensioni private e collettive si fondono.
Per darsi la possibilità di altri legami e per costruire – fra arte, architettura, ambiente ed energie sostenibili – una traccia responsabile della nostra contemporaneità.
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Su nomi internazionali come questi la galleria continua non sbaglia. Grande la coppia russa, coerente e forte. Un po' ruffiano garaicoa. La galleria tende a privilegiare questo artigianato ruffiano che può anche andare bene fino quando non si esclude un italo zuffi per l'artigianato prevedibile di cecchini.
kabakov è stato uno dei professori della fondazione ratti ed i continua l hanno visto la. questa mostra dimostra poca volonta. l'arte italiana è cosi. oggi c'è una categoria di giovani pittori , fra questi danilo buccella e ozmo molto più bravi. i continua sono informati della cosa e dovrebbero agire di conseguenza.
aho ma che sta a di :a luca rossi, ma che sei schizzofrenico!??? ma che èèèè????
ehi rossi a volte ho pensato che tu giustamente segnalassi certe consorterie ma troppo spesso dietro qualche ovvia considerazione riguardo le strutture di potere che influenzano gli snodi importanti italia - estero tiri fuori nomi di artisti ingiustamente misconosciutio vittime dell'ingiustizia: lasciati dire, anche con un pizzico di simpatia, che spesso queste tue liste denunciano la tua cultura e conoscenze ancora adolescenziali che spesso ti portano a sopravvalutare i forse compagni di percorso,errore che stai tranquillo facciamo tutti.
ora io conosco quelli di continua dall'inizio degli anni 90, non li sopravvaluto , ma nemmeno credo che abbiano scoperto Kabakov solo perchè l'hanno visto alla fondazione ratti in tempi recenti: forse questo vale x te data la tua giovane età ma quando continua debuttò in quei lontani anni si era ancora freschi della moda dell'arte sovietica che imperversò a fine anni 80 e kabakov già allora era tra i piu noti insieme a bulatov, komar e melamid, ispezione medermeneutica ecc ecc scusa se cito a braccio; ci furono cataloghi politi e almeno una grossa mostra in italia: quindi chi si è affacciato sulla scena inizio 90 sapeva bene chi era kabakov, tra l'altro biennalizzato mi pare da szeeman
Per quanto riguarda il graffittaro Ozmo o buccella mi pare che sei peggio di beatrice che paragona pignatelli a twombly o a kiefer. quanto a zuffi il suo lavoro ricorda molto alcune cose degli artisti tedeschi anni 80 come gerdes klingenholler mucha e anche le maquette di acconci e hoppeneim, oltre che un artista che alcune biennali fa ha occupato il padiglione germania con un installazione architettonica ma non ti dico il nome vediamo se sai chi è
con simpatia