Le emozioni che legano in maniera profonda un artista alla sua opera vanno oltre e raggiungono il visitatore, colpendolo in maniera più o meno profonda. Che il visitatore sia un esperto o meno, questa mostra non può lasciare indifferenti. Una mostra che è un viaggio attraverso le emozioni, appunto, che gli undici artisti esposti suscitano con le loro opere.
William Kentridge, i poeti
Elisa Biagini,
Antonella Anedda e
Valerio Magrelli,
Maurice Benayoun,
Teresa Margolles,
Bill Viola,
Katharina Grosse,
Yves Netzhammer,
Christian Nold e
Andrea Ferrara alias Ongakuaw esplorano, attraverso i loro diversi linguaggi, le infinite emozioni umane, le infinite reazioni dell’uomo davanti alle situazioni più disparate.
Proiezioni, poesie, un visore 3d che proietta l’osservatore all’interno di un planisfero in cui le emozioni del globo sono tracciate in tempo reale, una “mappatura emotiva” della città di Firenze, creata attraverso un GPS che rileva, oltre alla posizione dell’individuo, le sue sensazioni attraverso l’analisi del livello di sudorazione. Durante tutto il percorso espositivo, il visitatore è coinvolto a livello non solo visivo, ma anche sensoriale ed emotivo, a 360° gradi. D’altronde, arte e scienza indagano la sensibilità umana da sempre. In questa mostra, i due campi d’azione si unificano, cercando di sfatare ancora una volta il mito di un linguaggio artistico astruso, facendo leva sulle più profonde sensazioni dell’individuo, avvicinandolo così ai suoi più ancestrali sentimenti: il terrore, il disgusto, la gioia.
Ci si trova così costretti a fuggire da una sala dove due umidificatori vaporizzano acqua, utilizzata per lavare i cadaveri non riconosciuti degli obitori comunali di Città del Messico; oppure a commuoversi di fronte a un video dove personaggi sconosciuti sfilano, ordinati come se si accingessero all’Eucarestia, davanti alla camera, ognuno con un messaggio ben definito, dipinto nei tratti del volto, e che colpisce in maniera straordinaria. Lo spettatore è così attratto da queste varie espressioni d’arte contemporanea talmente in profondità da comprenderne il senso in maniera quasi istintiva.
Il CCCS inaugura quindi con una mostra innovativa quanto educativa, che cerca di tracciare un percorso non solo estetico, ma anche di crescita culturale della collettività. Per tutta la durata della mostra, infatti, sono previste
lecture sul tema dell’emotività umana, tenute da artisti e scienziati di fama internazionale.
Coscienti delle difficoltà che un’iniziativa del genere deve affrontare in una città come Firenze, che fino a ieri sembrava essersi dimenticata della contemporaneità, i curatori e gli organizzatori hanno a nostro avviso centrato il primo bersaglio.
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Direi anche che ci sono delle differenze fra gli artisti presenti in mostra. Che William Kentridge e i suoi Drawing for Projection sono un capolavoro assoluto di reinterpretazione delle problematicità che pone il video, assolutamente trascurate da Bill Viola (ed il confronto fra i due artisti in una stessa mostra è cosa rara), che riproduce acriticamente la perfezione digitale confezionata dalla tecnologia. Che gli esperimenti di arte digitale sono ad una svolta chiave, se cominciano a prendere in considerazione l'emotività umana e riescono a misurarla e mapparla (meglio i territori microscopici di Christian Nold di una globalizzazione delle emozioni di Maurice Benayoun). E ribadire, giustamente, che l'arte contemporanea a Firenze ha poco spazio, e ne meriterebbe di più