System error è una mostra che affronta argomenti difficili come la guerra, i conflitti sociali, il confronto e lo scontro etnico, politico e religioso. Un progetto espositivo che si dilata e fa il punto della situazione su conflitti di carattere planetario.
I curatori Lorenzo Fusi e Naeem Mohaiemen hanno selezionato i lavori in base ad interazioni umane, trasversali e occasionali, intercorse con gli artisti stessi. Molte delle opere infatti sono realizzazioni recenti che vogliono rispondere istantaneamente alle sollecitazioni della contemporaneità. In questa direzione si muove il video-blob Planet of the Arabs (2003) in cui l’artista araba Jakie Salloum analizza più di mille pellicole di film hollywoodiani che trattano dell’interazione a vari livelli tra arabi ed americani. È inquietante scoprire che solo dodici di queste pellicole presentano gli arabi in accezione positiva, mentre la stragrande maggioranza li rappresenta negativamente. Così anche il video del giovanissimo Chris Naka, che passa in rassegna una serie di “lieti fine”: le morti violente di alcuni tra gli indimenticabili cattivi del cinema.
La coloratissima carta da parati che ricopre la stanza realizzata da Francesco Simeti deriva da un montaggio di fotografie realizzate sugli abiti indossati dalle donne rifugiate dal genocidio del Darfur, mentre il coreano Do-ho Suh espone un particolare autoritratto, realizzato impilando su un appendiabiti le differenti divise che ha indossato da 3 a 39 anni.
Survellance Footage (2006) di Brian Alfred restituisce le immagini della società sorvegliata all’interno della quale ci muoviamo, inconsapevoli di essere ripresi dalle telecamere nascoste, in agguato ad ogni angolo. Anche Meir Gal parla di controllo nelle fotografie aeree effettuate dal cielo di Israele. Ma se la censura dei servizi militari cancella da ogni fotogramma le zone collegate all’esercito e alle sue attività, l’artista fa sparire i musei accusati di avallare le azioni militari e la politica del governo. Alfredo Jaar, nelle 17 stampe a colori delle copertine di Newsweek uscite da aprile ad agosto del 1994, denuncia la leggerezza con cui i media trattano la guerra tra Burundi e Rwanda.
Per commemorare Wael Zuaiter, intellettuale arabo ucciso dai servizi segreti israeliani nel 1972, anno in cui aveva avviato la traduzione dall’arabo all’italiano del testo Le mille e una notte, Emily Jacir mostra 1000 libri non stampati a cui l’artista ha sparato con una calibro 22. La notte in cui Zuaiter venne freddato da tredici colpi di pistola aveva con se il secondo volume del libro, che venne trapassato anch’esso da una pallottola.
Un’altra sequenza di immagini quella degli Atlas Group ovvero dell’artista Walid Raad, che ricostruisce con 100 fotografie realizzate su resti di carrozzerie, altrettanti attacchi terroristici effettuati con le autobombe dai sovversivi libanesi. Non poteva mancare il fatto storico più sconvolgente avvenuto dall’inizio del nuovo secolo, l’attacco al World Trade Center (2006): Chris Moukarbel ricostruisce con un video gli ultimi tragici minuti di vita di due giovani all’interno delle torri. Tragicomico il video If I wasn’t Muslim (2004) di Damir Niksic: l’artista si adopera in un monologo rivolto ad Allah chiedendogli spiegazioni al riguardo dell’odio atavico tra cristiani e musulmani. Terribile la foto Starving Girl Hunted By A Vulture (1993) di Kevin Carter, che illustra tutta l’atrocità della morte per fame di una bimba sudanese nel momento in cui sta per essere attaccata da un avvoltoio. Grazie a questa immagine, nel 1993 Carter vincerà il premio Pulitzer, ma perseguitato dai ricordi di sofferenza, odio e cadaveri, due mesi dopo si toglierà la vita.
Un’attenzione particolare si deve ad Apolitico (2001) di Wilfredo Prieto, un’installazione di trenta bandiere che sventolano sul terrazzo al secondo piano delle Papesse, incorniciando i marmi bianco neri del duomo di Siena.
gaia pasi
mostra visitata il 3 febbraio 2007
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