Profili cuneiformi impregnati di luce verde azzurra danno alle colline di Carmignano un’apparenza quasi naif, insidiata solamente dal dilagare delle costruzioni che si insinuano fra i declivi. Aggrappato alla Rocca del paese, il Cantiere Moretti abbraccia dall’alto tutto questo e instaura una rinnovata simbiosi con il proprio territorio. Primo passo del neonato Cantiere è stata la mostra Moto a luogo, nell’autunno 2003. Adesso è in scena la seconda tappa, la presentazione della collezione raccolta attraverso gli anni di attività della Galleria Schema ed esposta sulle pareti della stessa casa-studio di Alberto Moretti . Tra le stanze, ricoperte di segni e firme fondamentali per la nostra recente storia, scorre ancora vita. Sono ambienti abitati, dove trovano spazio opere che non si limitano ad avere un altissimo valore documentario, ma che sono strettamente legate all’esperienza personale dell’artista come animatore della
Da David Hockey (Twenty Photographic Pictures, 1990) a Sol Lewitt (Senza titolo, 1972), da Robert Rauschenberg (XXXIV tavole per l’Inferno di Dante,1959- 60) a Joseph Kosuth (Una descrizione parziale con dedica, 1980), da Ketty La Rocca (Dal momento, 1970) a Daniela De Lorenzo (Distrazione, 2000), l’ombra di mille presenze si affaccia dagli angoli della casa. Sono le tracce delle continue e coraggiose esposizioni organizzate da Schema, che ha costituito il punto di riferimento per le espressioni di arte concettuale e post concettuale, con una prospettiva internazionale ad altissimo livello. Cosa inusitata e quasi scomoda nella Firenze di quegli anni.
Poche ore prima dell’inaugurazione, il 4 giugno, lo stesso Moretti ha fatto da guida, accompagnato dalla critica Maria Luisa Frisa, al suo studio. E’ stato il primo appuntamento del ciclo degli Studio Talks, organizzato da Corinne Voss dell’associazione STart. L’ambiente di lavoro dell’artista, che rimarrà aperto per tutta la durata della mostra, odora di colori ad olio. Le finestre si protendono sul paesaggio di Carmignano. Assonanze formali legano le colline e la luce alle immagini gettate sulle tele immense alle pareti. E alla recenti fotografie quasi astratte scattate dallo stesso Moretti, affacciato alla sua Rocca. Il senso sereno dell’ambiente collinare toscano si scontra solo apparentemente con le continue rivoluzioni culturali messe in atto da Alberto Moretti durante il suo lungo e fertile percorso attraverso l’arte contemporanea. Tra i primi esponenti del clima informale (“all’inizio degli anni Cinquanta mi sentivo solo” confessa “volevo trovare qualcuno interessato alle mie stesse ricerche per fare gruppo, ma rimanevo isolato”), Moretti è stato sperimentatore del linguaggio New Dada e degli assemblage (1952-1962) e non è rimasto insensibile alla Poesia Visiva. Alla metà degli anni Settanta, si è riappropriato del “lavoro come arte” ed ha posto un accento marcatamente ideologico sulle Paglei. Stando se
silvia bottinelli
mostra visitata il 4 giugno 2004
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