Due personali dâindubbia qualitĂ ,
una per piano, si snodano lungo il percorso articolato degli spazi della
Galleria Margini, seguendo modalitĂ espressive differenti. Attraverso lavori
esclusivamente site specific, i due autori si confrontano a distanza, cercando
di sviscerare alcune sfaccettature di uno stesso concetto â il complesso ruolo
dellâartista nella societĂ â con due diversi medium
, pittura e scultura, e due non
certo univoche risposte.
Eccellente è lâopera pittorica di
Monika
Szwed (Poznan, 1978),
giovane ma dal curriculum prestigiosissimo, alla sua prima personale italiana,
che â attraverso il segno a volte pastoso e a volte appena accennato dei
pastelli a olio â descrive un immaginario visionario che attinge la sua fonte
direttamente da certa letteratura, come il teatro folle e allucinato di
Antonin
Artaud.
Lasciando trasparire dai suoi
disegni una realtĂ talvolta appena accennata, in cui la grafia va a perdersi e
a scemare nellâinvisibilitĂ , lâartista propone una visione descrittiva
tratteggiata per piccoli accenni, spesso marginali al foglio, per rendere
esplicita una problematica sommersa.
Instead, appunto: quel momento di
confusione in cui la realtĂ non corrisponde alle aspettative o la delusione
diviene meraviglia e piacere, come afferma la stessa artista in un suo scritto.
Dal titolo della mostra la parola
ricorre ossessivamente nei titoli delle opere, inseguendo la forte espressivitĂ
del tratto, come in
Fungus instead of doll,
dove un bambino non riceve il regalo desiderato, o ancora
Pretend
instead of death,
in cui la
finzione diviene autodifesa, mostrando una condizione sospesa tra la vita e la
morte.
Una poetica che gioca
semanticamente sul ânon dettoâ, sul âqualcosâaltroâ, lasciando affiorare dai
pochi elementi visibili, che vanno poco a poco a scomparire, ciò che si cela
dietro la personale visione del mondo dellâartista.
E se lâinterioritĂ e la
spiritualitĂ nascoste sotto il disegno sono gli elementi che caratterizzano la
riflessione della polacca,
Sandro del Pistoia (Viareggio, Lucca, 1975; vive a
Londra e a Viareggio) si appropria invece totalmente dello spazio-luogo,
invadendolo e ricostruendolo secondo una sua originale visuale, paradossale
quanto ironica.
Gli
stick legati con semplici elastici
trasparenti delle sue aeree sculture, oggetti comuni della stessa forma e
colore, si moltiplicano espandendosi fino a occupare unâintera parete (
Hyper), costruendo un reticolato
architettonico giocato sul rimando dei pieni e dei vuoti, leggerissimo e solido
nello stesso tempo. Oppure si assemblano in sculture dinamiche di diversificate
forme che, appoggiate sul pavimento o contro i muri, prendono una loro precisa
posizione, fondendosi con lo spazio e diventandone misura (
Boxer,
Quiet).
Forniscono cosĂŹ una singolare
risposta al quesito iniziale. Una soluzione poetica, cioè, che segna la rivincita
dellâartista e del suo stile â che si esemplifica nel costruire complicati
percorsi scultorei attraverso una semplice paletta abbassa-lingua utilizzata a
scopo medico â nonchĂŠ lâaffermazione dellâoggetto-feticcio prescelto e della
sua forza comunicativa universale.