Il farmaco come “centro di gravità permanente”. Intorno ad esso, il mondo. La vita gira con tempi pedissequamente studiati e normalizzati. La regola è la pasticca, asse di rotazione, perno salvifico contro il disagio, lo stress e l’abbandono.
Stati d’animo che nella loro serialità costituiscono l’opera fotografica di Corrado Agricola e le sue microsculture tridimensionali. Lo stridente contrasto tra un pupazzo di peluche e un antidepressivo apre un percorso altalenante di illusione e disillusione. Percorso sui cui l’artista si sofferma con immagini che fluttuano fra l’intima e piacevole pulsione e il caos del disagio psicologico.
Gli scatti sembrano ritrarre momenti ed oggetti accuratamente costruiti. Sono invece attimi rubati all’ambiente domestico. Un ambiente abitato da persone che mai appaiono, ma che imprimono la loro personalità allo spazio ritratto. Le immagini sembrano trasportare odori di ciprie e rossetti, di caldo sudore del risveglio. Oggetti che rispecchiano ossessione e perfetta cura, in contrapposizione ad altri che sprigionano fetore di spazzatura e abituale sciatteria. La composizione seriale svela un quotidiano complesso e spesso caratterizzato da impulsi antitetici e difficilmente integrabili. Solo il farmaco aiuta a comporre le parti slabbrate dell’esistente: “panacea di corpo e spirito…”, “ancore di salvezza inserite in angoli privati, in comò disciplinatamente orchestrati” o ancora in “lavandini sporchi e sacchi di spazzatura”, come scrive la curatrice Silvia Bottinelli.
Le microsculture tridimensionali hanno un rigore quasi sacrale. Nella loro linearità costruiscono scene di un rituale che scandisce il tempo del “farmaco-dipendente”, ma soprattutto rappresentano l’esorcizzazione conclamata dall’ossessione della medicina. Le capsule sono svuotate dal loro contenuto e vivono di vita propria, in virtù di composizioni cromatiche e armoniche.
L’artista le inserisce in strutture trasparenti di policarbonato alveolare. Perdono così la loro intrinseca espressione distruttiva per divenire pixel di un’immagine organica e nitida retroilluminata da luce bianca.
Esiste nel lavoro di Agricola un percorso che attraverso l’enfatizzazione dei medicamenti espresso nelle foto arriva, nelle sculture, all’annullamento del loro intrinseco potere, rimuovendone il contenuto reale e psicologico.
daniela cresti
mostra visitata il 14 ottobre 2005
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