Con questa doppia personale Gianni Motti continua il suo confronto con i territori più scottanti e problematici dell’attualità. Il punto di partenza è Guantanamo: un luogo tutt’oggi fonte di interpretazioni divergenti, in cui la difesa della democrazia sta scivolando in metodi e tecniche tipiche dell’autoritarismo. È così che dopo esserci trovati al sicuro sotto il «fuoco amico» dei nostri militari di servizio alla Biennale di Praga, ci ritroviamo carnefici di un’umanità in difficoltà rinchiusa in gabbiotti di un metro per un metro all’interno della galleria Artra di Milano.
Il percorso si chiude idealmente nella chiesa di San Matteo a Lucca dove incappiamo in sessanta arabi arrivati clandestinamente in Italia incappucciati, legati e costretti a star seduti a terra al centro della chiesa.
Cosa vuol dirci Gianni Motti? Chi è la vittima e chi il carnefice? In che misura possiamo dirci l’uno e in che misura l’altro? Chi decide?
Ma le azioni di Motti non sono solo questo. È soprattutto la modalità di urgenza con cui l’evento si concretizza che gli dà significato e valore. Sono i ragazzi chi si ribellano subito prima di essere incappucciati mettendo l’organizzazione in stallo. Sono i loro mugugni, il loro urlare, il loro sbottare insofferenza intanto che noi, con pomposo distacco, li osserviamo. Chiudete la porta. Basta. Andate via, ci sentiamo urlare contro.
È fiction? No, è la situazione di disagio che si è creata che mostra i suoi limiti, i cedimenti e i suoi punti di rottura. È una situazione di necessità in cui elementi che superano ogni codificazione culturale e artistica irrompono sulla scena mettendo in crisi i
L’attivismo di Motti è un tentativo di appropriazione di spazi esterni alla dimensione empirica: la sua continua presenza in ogni fotografia pubblicata sui quotidiani è un modo per testare il livello di realtà che l’informazione porta con sé. L’insieme di questi luoghi sempre in bilico fra tante e diverse possibilità di esistenza è il campo di azione di Motti. La difficoltà del nostro tempo di manifestarsi in immagini significative oltre all’incessante flusso mediale, si riscatta così nel suo lavoro nelle schegge di realtà che debordano a latere dell’evento: urgenze reali in condizione di necessità.
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