Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
18
dicembre 2013
Nel piccolo e suggestivo spazio dalle linee architettoniche essenziali, quasi un prezioso scrigno, trovano posto, per una breve esposizione, Ritratto di Fausto Melotti di Marino Marini e Teorema di Fausto Melotti.
Vengono messe in relazione due opere molto diverse tra loro per tempo di esecuzione, scelta stilistica e formale, tecnica e soggetto. Il dialogo si svolge, dunque, tra l’opera di Marino, d’impostazione classica, in cera, realizzata nel 1937, e quella di Melotti, del 1971, aerea, essenziale, una tra le prime sculture di “fili” da lui create.
Marino sin dai suoi esordi si è dedicato al ritratto e, tra i tanti che ha realizzato, c’è appunto quello di Melotti del quale esistono varie versioni tra cui due in bronzo (di cui quella che discende direttamente dalla cera da noi analizzata è oggi alla Fattoria di Celle – Collezione Gori) e una in gesso. Non sappiamo quando i due artisti si conobbero personalmente e non ci sono testimonianze certe in proposito, ma sicuramente il loro fu un rapporto di stima reciproca che andò avanti nel tempo pur senza una frequentazione assidua. Non è da escludere che la loro conoscenza risalga addirittura al 1929 ma sicuramente non dopo il gennaio del 1937 periodo in cui iniziò la gestazione del ritratto.
Impossibile confrontare le due opere da un punto di vista filologico: salda e materica l’una, leggera e briosa l’altra.
Se la scultura di Marini si caratterizza per la fissità spaziale e per l’impostazione assiale, che deriva da Laurana, per poi consolidarsi attraverso certa scultura francese, come per esempio quella di Aristide Maillol, l’opera di Melotti s’impone per l’evocazione di uno spazio che l’artista via via suggerisce, un luogo non più fisico ma quasi onirico, inafferrabile.
Un’analisi accurata e profonda delle singole opere si ottiene dalla lettura dei saggi in catalogo, nel quale oltre a uno scritto di Fabrizio d’Amico che indaga il rapporto tra i due artisti vi sono singoli saggi di Mattia Patti su Marino e di Denis Viva su Melotti. Questi scandagliano nel profondo la genesi delle sculture ricostruendone le vicende critiche e il percorso che hanno intrapreso prima di approdare, quella di Marini, all’omonimo museo di Firenze e, quella di Melotti, alla collezione Merlini di Milano.
L’occasione della mostra ha portato anche a sottoporre le due opere a indagini conoscitive che ne valutassero lo stato di conservazione e le modalità di esecuzione e questo si evince dal saggio di Mariella Gnani che, con Alberto Salvadori, è stata curatrice del volume.
Enrica Ravenni
dal 30 novembre 2013 al 4 gennaio 2014
Melotti guarda Melotti
Museo Marino Marini
Piazza San Pancrazio, Firenze
Orario: 10:00 – 17:00, chiuso il martedì, la domenica e i giorni festivi
Info: Tel. +39 055.219432 – info@museomarinomarini.it – www.museomarinomarini.it