Nel piccolo e suggestivo spazio dalle linee architettoniche essenziali, quasi un prezioso scrigno, trovano posto, per una breve esposizione, Ritratto di Fausto Melotti di Marino Marini e Teorema di Fausto Melotti.
Vengono messe in relazione due opere molto diverse tra loro per tempo di esecuzione, scelta stilistica e formale, tecnica e soggetto. Il dialogo si svolge, dunque, tra lâopera di Marino, dâimpostazione classica, in cera, realizzata nel 1937, e quella di Melotti, del 1971, aerea, essenziale, una tra le prime sculture di âfiliâ da lui create.
Marino sin dai suoi esordi si è dedicato al ritratto e, tra i tanti che ha realizzato, câè appunto quello di Melotti del quale esistono varie versioni tra cui due in bronzo (di cui quella che discende direttamente dalla cera da noi analizzata è oggi alla Fattoria di Celle â Collezione Gori) e una in gesso. Non sappiamo quando i due artisti si conobbero personalmente e non ci sono testimonianze certe in proposito, ma sicuramente il loro fu un rapporto di stima reciproca che andò avanti nel tempo pur senza una frequentazione assidua. Non è da escludere che la loro conoscenza risalga addirittura al 1929 ma sicuramente non dopo il gennaio del 1937 periodo in cui iniziò la gestazione del ritratto.
Impossibile confrontare le due opere da un punto di vista filologico: salda e materica lâuna, leggera e briosa lâaltra.
Se la scultura di Marini si caratterizza per la fissitĂ spaziale e per lâimpostazione assiale, che deriva da Laurana, per poi consolidarsi attraverso certa scultura francese, come per esempio quella di Aristide Maillol, lâopera di Melotti sâimpone per lâevocazione di uno spazio che lâartista via via suggerisce, un luogo non piĂš fisico ma quasi onirico, inafferrabile.
Unâanalisi accurata e profonda delle singole opere si ottiene dalla lettura dei saggi in catalogo, nel quale oltre a uno scritto di Fabrizio dâAmico che indaga il rapporto tra i due artisti vi sono singoli saggi di Mattia Patti su Marino e di Denis Viva su Melotti. Questi scandagliano nel profondo la genesi delle sculture ricostruendone le vicende critiche e il percorso che hanno intrapreso prima di approdare, quella di Marini, allâomonimo museo di Firenze e, quella di Melotti, alla collezione Merlini di Milano.
Lâoccasione della mostra ha portato anche a sottoporre le due opere a indagini conoscitive che ne valutassero lo stato di conservazione e le modalitĂ di esecuzione e questo si evince dal saggio di Mariella Gnani che, con Alberto Salvadori, è stata curatrice del volume.
Enrica Ravenni
dal 30 novembre 2013 al 4 gennaio 2014
Melotti guarda Melotti
Museo Marino Marini
Piazza San Pancrazio, Firenze
Orario: 10:00 â 17:00, chiuso il martedĂŹ, la domenica e i giorni festivi