È passato quasi un secolo dalla pubblicazione di Abstraktion und Einfühlung (1907), tesi di laurea di Wilhelm Worringer e parlare oggi di pittura astratta è assai più complesso di allora. È ancora valido, infatti, il termine generico astratto se indichiamo qualcosa che viene evinto dalla realtà e destinato a vivere in autonomia sospeso tra un “principio di negoziazione” dell’immagine e uno di negazione totale dell’immagine. Da un lato, gli artisti cercano un patto irenico con la forma in modo da farne il bersaglio per le interpretazioni, dall’altro si usa il principato della forma per rendere l’opera un dato oggettivo ininterpretabile. È evidente che nel primo o nel secondo caso, la pittura rimane il medio termine, sia essa vettore di significati per riduzione o sintesi ségnica, sia essa strumento di costruzione di un’immagine di senso. Dalla monocromia o dall’equilibrio elementare di alcune composizioni possiamo trarre (quindi astrarre) l’essenza di un mondo.
La mostra Generazione Astratta, inaugurata presso il centro per l’Arte Otello Cirri a Pontedera è il terzo appuntamento con questo titolo ed è stato presentato, giovedì 15 luglio da Beatrice Buscaroli. Più che una prosecuzione di un percorso iniziato nel 1999, la mostra si basa su una riflessione sulla pittura non figurativa degli ultimi dieci anni da cui si evince la riscossa di una tesi di riabilitazione della centralità di una scelta spesso ripagata con minor successo di quanto meriterebbe. In ogni caso, le opere esposte di Cascella, Gamba e Serra, confermano che esiste ancora la golosità materica sebbene attraversata da segni più o meno calibrati che si fanno cifra, in alcuni casi, o limite della campitura, in altri. Dessì rimanda, all’informale e alla processualità che nega la figura ma ammicca ad una sua traccia, ad un suo scarto e deposito. Con Tirelli siamo ancora alla sfida illusonistica, alla magrittiana ricerca di una dimensione muta e sospesa. Un enigma prevedibile ha comunque bisogno di una data, assente dai cartellini che affiancavano i quadri dell’artista. Molto fastosi e vicini a Philip Taaffe sia Carboni, sia Floreali che si compiacciono del reiterato filtro decorativo che forma una superficie palinsesto. Più lievi e controllate nella riduzione sono le velature silenti di Cascio che rimandano ad un concetto menniano di astrazione. Infine, Flavio de Marco rappresenta la punta estrema dell’analisi del linguaggio – pittura condotta con estrema freddezza- i suoi “paesaggi” e “mimesi”(in foto) risultano la proposta sicuramente più eversiva di questa rassegna. La pecca più grande, purtroppo, è la mancanza di chi ha dato origine ad una nuova tesi sulla pittura come, ad esempio, Gianni Asdrubali; cosa incomprensibile dato che era presente alla prima edizione di Generazione Astratta, certamente il maestro dello “spazio frontale” con quest’astrazione ha poco da spartire, eppure sarebbe stato giusto invitarlo per un confronto.
marcello carriero
mostra vista il 15.VII.2004
*le foto delle opere di flavio de marco presenti in questo articolo sono relative alla mostra presso la galleria studio G 7 (Bologna)
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