Tracce Fuori Centro, alla sua terza edizione, ha fatto di questa commistione una formula vincente. Formula che può fare da apripista alla cultura del contemporaneo senza museizzarla.
Gaia Bindi, Patrizia Landi e Francesca Milani in collaborazione con le Commissioni Cultura del Quartiere 4 e adesso anche del Quartiere 2 hanno pervicacemente voluto e lavorato per questa rassegna che sta assumendo importanza e visibilità. E’ un appuntamento atteso e desiderato dalla cittadinanza che ormai partecipa
Tracce fuori Centro amplia gli spazi ed affianca a Villa Vogel l’area Pettini-Burresi; amplia le sezioni del festival, ma soprattutto amplia la scelta dei giovani artisti che per questa edizione provengono da tutto il territorio nazionale.
Mostre e relative performance hanno animato le serate di maggio con Tracce non allineate . Dal 31 maggio al 21 giugno Tracce Vanitas, mentre l’ultimo rendez-vous, dal 17 giugno al 4 luglio, concluderà la rassegna nel giardino dell’area Pettini–Burresi con Tracce Ludiche.
Vanitas come immagine priva di reale consistenza, incorporea, vana ombra dei trapassati; ecco il tema affrontato in Tracce Vanitas con opere ispirate a riflessioni
Chiara metafora artistica esprime il lavoro di Fabio Costì, mentre Pura formalità di Sabrina Marocco capta lo sguardo e produce sgomento. Piccoli pupazzi, scarpine, abiti da bambino ed altri oggetti casualmente assemblati esalano silenzio e raccoglimento, coperti e spenti come sono da uno strato uniforme di cenere grigia. In Apomimesis di Daniela Simoncini siamo con Gaia Bindi nell’esprimere che nell’opera è resa evidente l’osmosi tra macrocosmo e microcosmo…. Opera suggestiva, complessa e concettuale Ritratti e Memorie di Serena Fineschi presenta sei ritratti di personalità dell’uomo comune. Non ci può essere oggettività nel giudizio, ogni punto di vista inquadra una piccola parte più o meno segreta, più o meno veritiera di una persona che in realtà tutte le contiene ma non tutte le esplica. Lastre di metallo nere con scritte non sempre leggibili ma sempre, ripetitivamente, una busta gialla, contenitore ed urna di una lettera, di un amore, di un ricordo.
Paolo Francioni nel suo A(p)peso ferma l’attenzione sul passare del tempo usando simbolicamente pesi da bilancia. Pesi dilatati, decontestualizzati, appesi ad un cavo che diagonalizza il Chiostro, adagiati su segatura fanno riflettere sul peso della vita, sul tempo preso e sul tempo perso.
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