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È come entrare sul set di un film muto. La sala epositiva appare teatro, le quinte sono lo splendido giardino di Villa Romana, gli attori silenziosi personaggi di carta dell’artista armeno Karen Sargsyan (Yerevan, 1973; vive ad Amsterdam).
Ricorda Guernica. Uomini e animali nel dramma della vita. Nessun suono echeggia da quelle bocche incapaci di parlare; eppure l’urlo, il lamento, lo stridere aleggiano nell’aria più di qualsiasi frase espressa. L’installazione occupa gran parte dello spazio, è completamente fatta di carta, con un’invisibile struttura rigida. Carta di ogni colore e sfaccettarura, lavorata, liscia, accartocciata, sottilmente tagliata in strisce, sagomata a creare marionette e scene di diversa intensità espressiva.
Sull’altare della scena si ergono le figure di Adamo ed Eva, quest’ultima nell’atto di cogliere la mela del desiderio; davanti a loro si dispiegano storie che sanno di quotidiano contadino, di divinità profane, di battaglie per la sopravvivenza. Flash drammatici s’intersecano con storie che sembrano tramandate come favole, il tutto a creare personaggi-manichini che l’artista definisce “melodrammatici e con un tocco di esagerazione, ma al tempo stesso intimi e profondamente cari”.
Una Guernica che travalica la storia e il mito, dal biblico peccato originale attraverso un gran numero di richiami e avvenimenti salienti della storia dell’umanità; una tragedia rivisitata come performance reciproca fra artista e attori. La carta è per l’artista il supporto ideale per figurare personaggi e simboli religiosi. Sulla carta è stata scritta e tramandata la vicenda dell’umanità, nella carta l’artista simboleggia la parte religiosa dell’uomo, la sua “liberazione” dai vincoli degli esterni ed estremi desideri.
Gli “open stage” risultano per Sargsyan come un percorso analitico attraverso il quale l’artista riesce a contattare la propria anima e i pensieri. Animali e figure di creature che di uomini hanno poco interagiscono nel gioco e nel dramma. E, sul pavimento, piccoli coriandoli di vita strappata alla quotidianità da eventi imprevedibili. Stalci di carta e stralci di umane passioni, leggeri riferimenti alla pittura nella tavolozza di colori abbandonata, e minuscoli oggetti “votivi” dispersi al suolo.
I “volti” sono maschere e soltanto il taglio degli occhi o della bocca accenna a tristezza, compassione o sorriso. La recita si compie, il gran numero di elementi aiuta l’amalgama della narrazione. Un racconto etico, che non indulge nel didascalico ma dà spunto a un possibile divenire nel controllo e nella capacità di veicolare le pressioni esterne in fattori di sviluppo e crescita individuale e collettiva.
Ricorda Guernica. Uomini e animali nel dramma della vita. Nessun suono echeggia da quelle bocche incapaci di parlare; eppure l’urlo, il lamento, lo stridere aleggiano nell’aria più di qualsiasi frase espressa. L’installazione occupa gran parte dello spazio, è completamente fatta di carta, con un’invisibile struttura rigida. Carta di ogni colore e sfaccettarura, lavorata, liscia, accartocciata, sottilmente tagliata in strisce, sagomata a creare marionette e scene di diversa intensità espressiva.
Sull’altare della scena si ergono le figure di Adamo ed Eva, quest’ultima nell’atto di cogliere la mela del desiderio; davanti a loro si dispiegano storie che sanno di quotidiano contadino, di divinità profane, di battaglie per la sopravvivenza. Flash drammatici s’intersecano con storie che sembrano tramandate come favole, il tutto a creare personaggi-manichini che l’artista definisce “melodrammatici e con un tocco di esagerazione, ma al tempo stesso intimi e profondamente cari”.
Una Guernica che travalica la storia e il mito, dal biblico peccato originale attraverso un gran numero di richiami e avvenimenti salienti della storia dell’umanità; una tragedia rivisitata come performance reciproca fra artista e attori. La carta è per l’artista il supporto ideale per figurare personaggi e simboli religiosi. Sulla carta è stata scritta e tramandata la vicenda dell’umanità, nella carta l’artista simboleggia la parte religiosa dell’uomo, la sua “liberazione” dai vincoli degli esterni ed estremi desideri.
Gli “open stage” risultano per Sargsyan come un percorso analitico attraverso il quale l’artista riesce a contattare la propria anima e i pensieri. Animali e figure di creature che di uomini hanno poco interagiscono nel gioco e nel dramma. E, sul pavimento, piccoli coriandoli di vita strappata alla quotidianità da eventi imprevedibili. Stalci di carta e stralci di umane passioni, leggeri riferimenti alla pittura nella tavolozza di colori abbandonata, e minuscoli oggetti “votivi” dispersi al suolo.
I “volti” sono maschere e soltanto il taglio degli occhi o della bocca accenna a tristezza, compassione o sorriso. La recita si compie, il gran numero di elementi aiuta l’amalgama della narrazione. Un racconto etico, che non indulge nel didascalico ma dà spunto a un possibile divenire nel controllo e nella capacità di veicolare le pressioni esterne in fattori di sviluppo e crescita individuale e collettiva.
daniela cresti
mostra visitata il 10 giugno 2008
dal 7 giugno al 4 luglio 2008
Karen Sargsyan – Philosophy in bed or Eva’s aria
Villa Romana
Via Senese, 60/68 – 50124 Firenze
Orario: da martedì a venerdì ore 15-19 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 055221654; office@villaromana.org; www.villaromana.org
[exibart]