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Viareggio è ancora una volta testimone privilegiato di un percorso unico e, seppur contenuto nelle dimensioni, affascinante. Una mostra sul Novecento per (ri)scoprire l’arte moderna italiana del secolo scorso nelle sue molteplici sfaccettature fino al postmoderno.
Il villino Gori in pieno stile Liberty, arricchito dalle intense formelle di Galileo Chini nella parte superiore della facciata, ospita la mostra “Il Secolo breve. Tessere di ‘900” curata dalla professoressa Susanna Ragionieri. Il palazzo, situato a pochi passi del litorale viareggino, è la sede della Fondazione Centro Matteucci per l’arte moderna. 50 opere appartenenti a collezioni private che saranno esposte fino al 5 novembre. Dieci sezioni tematiche che attraversano la storia a cavallo tra ‘800 e ‘900 fino all’Età dell’Oro (anni ’50), seconda parte del termine “secolo breve” coniato dallo storico britannico Eric Hobsbawm nel 1994.
La prima sala espositiva è ricavata nella cospicua biblioteca della fondazione. Questa prima parte s’affaccia sull’epoca di transizione che dal simbolismo ottocentesco di Saccaggi e Laurenti traghetta il pubblico verso gli albori del secolo “nuovo” con Boccioni, Natali e Viani. Fin dall’inizio si ravviene l’obiettivo della curatrice di emozionare i visitatori più curiosi e attenti attraverso i colori brillanti dell’olio su tela del divisionista Barracchini Caputi (Percorso del torrente) e con il confronto tra la donna di Boccioni (Donna che cuce) e quella di Kienerk (Sotto la luce), quest’ultimo testimone che la continuità divisionista è ancora viva e vegeta nel periodo della “catastrofe” dei primi decenni del Novecento. La sezione “Confronto con linguaggi europei” chiude questa prima parte. L’opera dello scultore Adolfo Wildt (Arte lunga Vita breve, 1921) è dominata da un persistente simbolismo di un disegno che è tracciato secondo un “linearismo ascetico e ardente” (Cozzani, 1920, pp. 23-26). Più in là ci aspetta l’inquietudine di Lorenzo Viani con Nudo di schiena (1910-1912) e Giacomo Balla con il suo Circo Forain parigino, città dove l’artista soggiornò nel 1900. Colpisce Fuffì (1920) di Mario Cavaglieri che ritrae una bella giovane con ortensia dipinta secondo i canoni dell’artista che usava colori forti in contrasto con lo stile raffinato delle modelle ritratte. Nota negativa: il quadro si nasconde al pubblico, è stato appeso sulla parete del pianerottolo che porta al secondo piano e la scarsa illuminazione non ne favorisce l’osservazione.
Giorgio de Chirico, Il consolatore 1968
Al secondo piano, incontriamo il nucleo centrale della mostra con i “Futurismi”: l’aeropittura e il polimaterismo di Prampolini (Nomenclatura plastica, 1930) e la sezione “Seconda vita delle nature morte” con l’opera già matura del de Pisis (Natura morta con conchiglie, 1944). La sezione “Il presente ha un cuore antico” ci riporta indietro nel tempo, facendoci assaporare la ricerca artistica delle forme estetiche del classicismo rinascimentale con Guidi (Madonna con il bambino, 1913) e con Tozzi (Composition, 1930) dove si combinano figure e frammenti d’ispirazione greca con il fitto tratteggio e l’incrocio di piani senza una regola geometrica fissa. Qui incontriamo Messina, già Direttore dell’Accademia di Brera durante il fascismo, con la sua opera Giovane nuotatore (1934-1935) che congela con estremo realismo un giovinetto seduto, trasmettendo tutto il senso della fatica e allo stesso tempo della carnalità a cui c’ha abituati l’artista. Messina risalta l’estetica della scultura simile a quella dei bronzi pompeiani con linee scultoree applicate secondo un verismo ellenistico dall’esito superbo.
La sezione “Generazione dei maestri alla prova del secondo dopoguerra” ci riporta alle parole del Venturini, uno dei pochi docenti che rifiutò il giuramento di fedeltà al fascismo, che definì l’Italia del postguerra come il paese che disdegnava i maestri, cercando invece pittori con un linguaggio chiaro e persuasivo. Ecco, allora, che troviamo Gentilini (Piazza Sant’Eustachio di Roma, 1950) e Casorati (Nudo nel paesaggio), quest’ultimo autore della conferenza sulla pittura contemporanea del 1953 a Firenze, che sottolineò lo squarcio che si produsse nell’arte del dopoguerra; Campigli con il suo arcaismo (Ombrellone giallo, 1954) e Severini che si affida al pastello con il quadro Le poisson venimeux (1964). L’opera di Guttuso, esponente del realismo socialista, matura in un linguaggio più moderno vicino al sentire dei primi decenni del dopoguerra fatto di oggetti che parlano di “inurbamento come fenomeno di alienazione urbana” (Moravia, 1962, pp. 16-18).
Conclude la visita del pubblico una grande stanza dedicata al grande de Chirico postmoderno che parla di sé con autoritratti in stile neobarocco attraverso un collage dipinto con colori vivacissimi (Autoritratto come pittore in costume del Settecento, 1957), opera che trova il suo modello nel ritratto di Filippo IV con corazza di Velasquez del 1629.
Una mostra, quella di Viareggio, da visitare con tranquillità e tanta voglia di (ri)vivire un pezzo d’arte moderna italiana con uno sguardo amplio disposto a osservare e a riflettere sui dettagli e, ancora una volta, su aspetti meno noti del nostro “recente” passato artistico.
Andrea Alamanni
Mostra visitata il 25 agosto
Dal 7 luglio al 5 novembre 2017
Il Secolo breve. Tessere di ‘900
Fondazione Matteucci per l’Arte Moderna, Viareggio
via G. d’Annunzio, 28, Viareggio
Orari: giovedì e venerdì dalle 15.30 alle 19.30
sabato e domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 19.30
Info: 0584-430614 www.cemamo.it – info@cemamo.it