Insegnante di Pittura all’Accademia di Firenze dal 2002, ogni anno Radu Dragomirescu seleziona i migliori artisti del suo corso per una mostra presso spazi pubblici della città. Quest’anno ha scelto come location l’ex chiesa dei Barnabiti in via Sant’Agostino. Un luogo suggestivo, che tradisce la particolare inclinazione del maestro rumeno per il tema del sacro, da sempre protagonista dei suoi lavori e riscontrabile anche in quelli presentati dalle due allieve chiamate a esporre per questa mostra: Debora Fede e Marta Pierobon (entrambe classe 1979). Occorre tuttavia puntualizzare che quest’attenzione per la valenza ontologica dell’arte, lungi dallo sconfinare verso un’ arte concettuale hard edge, si esprime attraverso una passione per la sperimentazione con i materiali, si potrebbe dire mediante una vera e propria “passione della materia”. Certo quella a cui si riferiscono Dragomirescu e la sua “scuola” è una sacralità secolarizzata, ricercata tra le rovine di una civiltà ormai priva di una vera identità ideologica e culturale (appassionato di archeologia, Dragomirescu partecipò tra l’altro a diversi scavi sulle coste del Mar Nero e a Ischia, fra il 1960 e il 1965).
Così, nell’installazione di Marta Pierobon la tela, o meglio, brandelli di essa, ricuciti assieme dall’artista, si offre non più come supporto capace di comunicare valore estetico e significato, ma come coperta per riscaldare i sogni di una coscienza collettiva addormentata, mentre un albero senza foglie né frutti è chiamato a rappresentare un’umanità privata del proprio nutrimento spirituale.
E se, come ricordava Goya in uno dei suoi Capricci, “il sonno della ragione genera mostri”, questi sono puntualmente evocati da Debora Fede sul pavimento della chiesa, come in un rito esorcistico contro il versante oscuro dell’animo umano, rappresentato secondo la tradizione cristiana dai sette vizi capitali. L’installazione è accompagnata da disegni affissi alle pareti in sequenza, quasi un reportage sulla guerra, nella sua accezione metafisica, ma anche nella dimensione storica e attuale, con riferimento ai conflitti ancora in corso. L’aspetto più interessante di questi lavori è senz’altro la capacità dell’artista di fare emergere potenzialità del tutto inaspettate dal medium utilizzato: l’acquerello è stato spesso destinato dalla tradizione artistica all’espressione di una emozionalità lieve, di un delicato lirismo, ma in questi disegni scolorisce in un bianco e nero dal tratto cupo e fiammeggiante, che conduce in un vero e proprio descensus ad inferos. Forse anche un retaggio della formazione dell’artista presso la Scuola Internazionale di Comics a Firenze, nel periodo immediatamente precedente gli anni di studio in Accademia. La fluidità del colore diviene invece nei disegni di Marta Pierobon espressione dello scorrere inarrestabile della coscienza, la cui rapidità fa sconfinare spesso le forme nell’astrazione.
luca vona
mostra visitata il 25 novembre 2005
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io ho visto la mostra ed era tempo che non trovavo una pittrice cosi sincera cattiva ed explosiva complimenti a debora fede brava brava brava brava bellissimi acquerelli