Nelle quattro piccole sale di Casa Buonarroti solitamente dedicate alle esposizioni temporanee, è allestita una mostra dove si intrecciano la scultura di uno dei maestri più glorificati di tutti i tempi, Michelangelo Buonarroti, e l’opera di un giovane fotografo giapponese, Yukihito Masuura, rimasto affascinato, otto anni or sono, dalle sculture del grande artista.
Nelle circa cinquanta foto esposte Masuura ha affrontato le opere di Michelangelo in almeno tre modi differenti , seppur indagandole sempre con un obbiettivo chiaro e pacato: il primo modo, forse il meno innovativo, consiste nel cogliere frammenti delle colossali sculture michelangiolesche, come il David, nella loro perfezione solitaria; mentre la seconda maniera, probabilmente la più interessante, è quella in cui Masuura coglie le statue in una luce crepuscolare e diffusa, che ammorbidisce i contrasti e rileva appena le forme, ricavando così foto a basso contrasto, che appaiono come fossero leggerissimi disegni da accademia, dove le ombre sono talvolta evidenziate dallo scurimento digitale di alcuni punti. Trovo che l’esito più interessante Masuura l’abbia raggiunto nel Lo specchio, dove il fotografo gioca con la riflessione speculare del volto della Madonna (quella del Tondo Pitti ?), intimizzando la scultura mediante questa trasfigurazione. Ma sfruttando la stessa tecnica ci appaiono in una insolita delicatezza da alabastro il Bacco ebbro del Bargello, preso dal sotto in su, oppure il sensuale Prigione del Louvre. Proprio al Louvre Masuura aveva cercato di far propria la scultura dei maestri del passato, infatti dagli anni Ottanta egli riscoprì la vitalità della cultura europea fotografando a Parigi, oltre a quelle del Louvre, le statue di Maillol, Bourdelle, Rodin, tutti autori che in un certo qual modo si erano ispirati a Michelangelo, studiandone appassionatamente le opere così come Masuura.
L’ultima tipologia di foto esposte è quella in cui i candidi marmi di Michelangelo emergono da fondi scuri e tenebrosi come luci nella notte, rischiarando con una luminosità di stampo neoplatonico gli interni cupi. Così l’architettura della chiesa di Sant’Andrea della Valle è riportata ad un quieto classicismo dall’annullamento del soffitto barocco, sul quale emerge, esaltata da un’artificiale fosforescenza, la chiara sagoma del Cristo portacroce.
Ad accompagnare le foto di Masuura vi sono sonetti e rime di Michelangelo dove la vita effimera dell’uomo è confrontata a quella eterna della “pietra viva”, sulla quale l’artista lascia il suo segno tangibile rendendo, come il Buonarroti scriveva a Vittoria Colonna, “più dura l’immagin viva in pietra alpestra ” che la vita mortale dell’artefice, ridotta in polvere dal tempo: e l’anima di Michelangelo, impressa nel marmo, rivive ancora una volta grazie alle foto di Masuura.
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