Codice Sorgente è il titolo del nuovo video di Margherita Morgantin. Un’isola dell’Estonia è la location scelta dall’artista per raccontare, con il suo consueto piglio poetico, il processo di raccolta dei legnami, materia prima per la creazione d’oggetti d’uso quotidiano. Una grossa macchina si muove lenta in mezzo alla vegetazione, spezzando e sollevando arbusti con una leggerezza ipnotica. Quindi la raccolta dei tronchi e l’assemblaggio dentro casse di legno accorpate in una struttura regolare e compatta, spiata dall’occhio morbido e attento della camera: inquadrature di sbieco, angoli, pause, sfondi in dissolvenza… Paesaggi definiti da dettagli brevi o distese che si concedono a un fondo rarefatto. I disegni di Morgantin, dal tratto essenziale e accennato, si sovrappongono ad alcune scene per poi scomparire, assorbiti nell’oggetto, trasfigurandosi nella concretezza fluida dell’immagine elettronica. Nessun audio o colonna sonora a condurre il filo immateriale di queste sequenze aeree. Il silenzio diventa profondo, pesa quasi, in contrasto con la levità della visione. Una condizione di vuoto sospeso, di cui si avverte un’eco lontana e muta. Una Morgantin più asciutta e rigorosa, che meno si concede al lirismo immediato di sempre, mantenendo, con un approccio più serrato, la bellezza intima e suadente che contraddistingue il suo immaginario.
Una grande quantità di lavori nuovi per Luca Pancrazzi. Nella penombra della platea spiccano tre alti e robusti tavoli bianchi, su cui si dispiegano candidi paesaggi immateriali: piccoli calchi in gesso di contenitori di plastica (raccolti negli anni con metodica ossessione) compongono un’immaginaria topografia, in cui l’oggetto si fa altro da sé e gioca a divenire luogo, inganno, schema impossibile.
Ancora l’oggetto –un tema costante, affrontato anche nei Disegni della concentrazione e della dispersione, definiti dall’artista la sua “ginnastica da studio”- è al centro del video Skip Intro: il lento smontarsi e rimontarsi di una telecamera, frammenti che galleggiano nel vuoto in assenza di gravità. Una danza lenta che strappa la cosa alla sua forma-funzione-struttura, sospendendone l’identità.
Lo studio e la riflessione sulla natura dello sguardo e le dinamiche della percezione attraversa la ricerca di Pancrazzi, che gioca con l’idea del “guardare come essere guardati”: il soggetto che osserva diviene esso stesso superficie da osservare, generato dalla visione stessa. La grande scultura Lentino Non Troppo è una struttura geometrica semplice e misteriosa, che “misura” lo spazio con la sua griglia di quadrati. In realtà è un lentino tipografico riprodotto in dimensioni fuori scala, posizionato in modo che la lente (simulata da un “oblò”) sia puntata verso lo spettatore, anziché essere strumento del suo occhio.
La serie Fuori registro è costituita da tele grezze su cui piccoli tocchi d’acrilico bianco riproducono in negativo il paesaggio visto attraverso la finestra dello studio dell’artista, sotto diverse angolazioni. Ancora una volta, con eleganza ed essenzialità, si suggerisce una riflessione sulla percezione delle minime variazioni “atmosferiche” con cui l’occhio e la mente trasformano il mondo esterno.
A sorpresa, un ultimo lavoro è collocato al centro della loggia di piazza Duomo. Carborundum è un’automobile ricoperta di schegge aguzze di vetro, un oggetto da cui restare a distanza, minaccioso eppure attraente, quasi un miraggio veloce. Le schegge appuntite comunicano una sensazione di movimento, come se una corrente d’energia –cristallizzata ma vibrante- avvolgesse la macchina, alterandola e insieme restituendole la sua stessa natura, potenziata.
helga marsala
mostra vista il 9 ottobre 2004
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