Un’immagine, una banconota, un
taccuino, un disegno o un biglietto del treno: sono solo alcuni degli oggetti
che passano quotidianamente fra le mani. Universalmente condivisa, la funzione
che li caratterizza determina una valenza ontologica legata all’uso per cui
sono stati prodotti.
Ognuna di queste cose si può però arricchire
di un valore aggiunto, soggettivo; qualsiasi oggetto può cioè assumere un
valore
semioforo.
In tal caso non ci si vuole separare da esso, perché lo si percepisce come
ponte fra memoria del passato e contingenza attuale.
Così anche le ottanta polaroid in
bianco e nero scattate da
Patti Smith (Chicago, 1946) dal 2000 a oggi sono nate come
prolungamento spontaneo della memoria. “
Guardo alle mie fotografie più come
a oggetti che immagini”, racconta la rocker
. “
Racchiudono molto più di un attimo, qualcosa di molto
prezioso, qualcosa che forse non potrò più rivedere”
. Scatti inediti che aprono una
soggettiva sul mondo visto attraverso gli occhi di una delle personalità più celebri
della scena musicale anni ’80, che è anche poetessa e appunto fotografa.
Patti Smith giunge a Firenze grazie
all’amicizia con il curatore Jonathan Nelson, che in città è già stato notato per
il successo della retrospettiva su
Robert Mapplethorpe alle Gallerie dell’Accademia. E
proprio Mapplethorpe è l’artista con cui la cantante aveva stretto un legame
affettivo, fatto di intimi scambi creativi, già dagli anni ’60, quando si
divertivano a scattare insieme fotografie con la Polaroid.
Lo testimoniano anche queste
inquadrature, debitrici in termini estetici e formali della ricerca spasmodica
dell’equilibrio perfetto che muoveva la produzione di Mapplethorpe. Le sue
ciabatte (
Robert’s Slippers) o la sua tomba (
Robert’s Cross), impresse sul film polimerico, sono
un omaggio altrettanto esplicito rispetto agli scatti al
David di
Michelangelo, sommo riferimento per il
fotografo di Long Island.
Anche questa mostra è stata curata
da Nelson, assieme a Lorenzo Poggiali, con l’intento di affiancare alla freschezza
e alla vitalità delle Polaroid una serie di eventi dal titolo
Patti Smith, I
was in Florence,
promossi da International Music and Arts in collaborazione con il Comune e UniCoop
Firenze. Oltre al reading di testi e poesie a Palazzo Vecchio, all’incontro con
gli studenti della New York University e all’improvvisazione live
all’inaugurazione da Poggiali, non si dimenticherà facilmente la serata
conclusiva del ciclo.
A trent’anni da quello del ’79, il
concerto del 10 settembre in Piazza Santa Croce – cuore della Firenze medievale
e uno dei pochi, ultimi presidi dei fiorentini che ancora vivono “di qua
d’Arno” – ha visto una Patti Smith ancora propositiva e lontana da facili
citazioni.