La giovane artista, serba di origine, tedesca di nascita e viennese di adozione, presenta al pubblico una serie di oli Senza Titolo, di recentissima concezione. Le grandi tele, perlopiù di formato quadrato leggermente irregolare, raffigurano bambole che evocano il ricordo dei giochi e le atmosfere dell’infanzia, ma nascondono sensazioni e riflessioni complesse.
La Vukoje, da anni impegnata su questi soggetti, a partire dal 1999 ne ha fatto il suo interesse primario, pressoché esclusivo. Se inizialmente il suo linguaggio, più solido e concreto, si concentrava dettagliatamente sull’oggetto, recentemente l’artista ha operato una significativa svolta stilistica nel senso di uno scarno e criptico ermetismo. L’artista ha alleggerito il suo pennello, ha diluito i suoi oli ed ha ritratto i suoi soggetti con occhio sintetico, trasferendoli sulla tela mediante brevi cenni.
Il tema della bambola, dal significato duplice, è dunque al centro delle attenzioni esclusive dell’artista e domina gli spazi espositivi, saturandoli di silenzi assordanti, di pace ed inquietudine, di strazio e speranza, di passività e reazione. La sua cifra, così leggera e delicata, e il pigmento fluido, quasi trasparente, descrivono sinteticamente le contraddizioni dell’essere, la gioia e il dolore di vivere. Questi piccoli esseri, dallo sguardo intenso e sognante e dal pallore cadaverico, in equilibrio tra la vita e la rigidità dell’artificio, mediano il contrasto dell’essere umano con se stesso e con l’altro. Il conflitto tra azione ed inazione, tra paralisi emotiva e viva sensibilità, passa dunque attraverso corpi immoti e sguardi ispirati, proiettati verso l’infinito.
Così l’artista intende stimolare la sensibilità e la capacità intellettiva del suo pubblico, presentando significati profondi sotto forma di giocattoli, oggetti tratti dalla propria storia personale, che appartengono all’immaginario comune. Il recupero di feticci atavici, resi con un linguaggio massimamente sintetico, è regressione, ritorno ai principi primi, per indagare il mistero dell’essere e porre le basi di un nuovo e più felice inizio. Non sono assenti da queste opere pressanti inquietudini politico-sociali che implodono, anziché esplodere, generando terrore e speranza, paralisi e attivismo.
Dalla raffinatezza della cifra e dalla suggestiva complessità dei soggetti, risulta così evidente la maturità creativa di un’artista che ancora agli inizi del terzo millennio, riesce a trasformare la tela ed i colori ad olio in un affascinate mistero, a trasformarli in strumenti di auto-analisi e comunicazione, a rinnovare attraverso di loro l’eterna magia dell’arte.
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ci sono a quante pare due prime personali contemporanee, ti sembra poco
ma quale è la prima personale italiana della Vukoje, quella a Firenze o quella, in contemporanea, a Milano?
O ci sono due prime mostre personali contemporaneamente?
Valentina è riuscita a comunicare l'indicibile, Maja Vukoje è un'artista complessa e straordinaria. Non perdetevi questa mostra.