Niente ammucchiate sulla base di presunti accostamenti generazionali o formali. Al Pecci è in gioco un discorso diverso: si punta su unâattenzione
ad personam, sul chieder la parola agli artisti, assegnando una stanza a testa. La paura, intesa come pretesto per segnalare la singolaritĂ delle esperienze davanti al buio della contemporaneitĂ , da superare criticamente.
Per
Rossella Biscotti, in
Il sole splende a Kiev, lavoro sulla tragedia di Chernobyl, lâoperazione sulla memoria di un film censurato affonda nel buio del copri-obiettivo: solo la voce degli intervistati e qualche frammento recuperato possono faticosamente raccontarci gli avvenimenti. Ma appare qualche macchia bianca nelle diapositive tratte dalla pellicola: le radiazioni emergono come una traccia indelebile della storia.
Alice Cattaneo, muovendosi fra video e scultura, intesse unâautobiografia ironica, fra satira ed elegia. Unâestetica della fragilitĂ e dellâarmonia con la realtĂ , accarezzata dallâartista con la coscienza dellâeffimero e senza invadenza.
Il grado zero della pittura è al centro della ricerca di
Emanuele Becheri, che abolisce ogni referenza dai suoi supporti, lasciando semplicemente che alcune chiocciole traccino le loro scie. Se lâautore diventa effettivamente un passivo macchinista in âposizione voyeuristicaâ, è il lento trascorrere del tempo a depositarsi nellâopera. Lâoggetto simbolico prediletto da
Paolo Piscitelli è lâortica, carica dellâostinazione alla crescita nei luoghi angusti. Una resistenza che si esercita sommessamente di fronte allâonnipresente smania di distruzione degli uomini: il ritmo ossessivo delle voci americane di
One yearâs seed, seven years weed (2007), nonostante tratti di ortiche, rimanda a qualsiasi linguaggio di guerra o di terrore.
Una raggelante atmosfera di silenzio regna nei disegni di
Andrea Mastrovito: i fogli di carta sono popolati da presenze fumettistiche e vuoti misteriosi, furtivamente attraversati da apparizioni immaginarie. Una rappresentazione che non si risolve in se stessa, ma elude e spaventa.
Spicca indubbiamente il lavoro del giovanissimo fotografo
Domingo Milella. I luoghi (CittĂ del Messico, Bari, la Sicilia) ci vengono restituiti con il distacco del sociologo, lâocchio del viaggiatore e lâevidenza del degrado, immersi in una luce sfumata e bruciante. Nelle periferie del mondo, nellâurbanizzazione contro natura, oltre allâocchio che non riesce a comprendere il tutto, câè il respiro lento e faticoso della storia, il resoconto del lavoro sparso e affannoso dellâumanitĂ . A metĂ tra cinema e video, i
Masbedo rappresentano lâallucinazione della paura, tra flash di personaggi condannati a dimenarsi nel buio e nellâacqua e frastuoni di luci e allarmi, in cui la potenza emotiva delle immagini sâinscrive allâinterno di una ricerca formale di pura bellezza.
Nel ciclo di opere in mostra,
Luca Bertolo propone una pittura del sogno, radicata in una soffice grammatica a macchie colorate, dove il farsi dellâopera si distende in un orizzonte di indeterminatezza. Spunta a volte un angolo di tavolo o un colore piĂš puro e brillante dietro la trama dei cromatismi armonizzati, segni di un registro suscettibile di variazioni e imprevisti.
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Una mostra bellissima. Il lavoro dei Masbedo è travolgente per emozioni e stupefacente l'esecuzione.Finalmente una collettiva che non è un pasticcio!!
E' vero anche se mi ha messo molta ansia l'installazione dei Masbedo
Una mostra che ricalca il tam tam monotono, che espone un trend di ovvietĂ : linguaggi e codici ripetitivi visti e rivisti. Senza avere il coraggio di andare oltre.