Tra il profumo d’incenso, mescolato a quello consueto delle rilegature dei libri antichi della storica libreria Gonnelli, si snoda l’esposizione dedicata alle acqueforti di Mariano Fortuny y Marsal, allestita con disinvoltura, a volte negligente, tra i vecchi scaffali, e ambientata fra incisioni di artisti a lui contemporanei o ai quali si ispirò, e oggetti esotici, simili a quelli che Fortuny stesso amava collezionare nel suo atelier romano.
Fu Baudelaire che, allorquando in Francia si riscopriva l’arte dell’acquaforte, ne esaltò la capacità di far trasparire “ l’individuale fisionomia di un
L’impulso all’interesse per l’acquaforte lo dette a Parigi l’editore Alfred Cadart che nel 1861, nei suoi locali, dette vita alla “Societé des Acquafortistes ”: da quell’anno fino al 1873, Fortuny si dedicherà all’acquaforte con continuità, tramandandoci 32 incisioni, la maggior parte delle quali raccolte dal mercante parigino Goupil dopo la morte dell’artista.
I temi che Fortuny affronta sono diversi: da quelli orientalisti, come il Kabile mort, derivati da studi dal vero fatti quando era al seguito delle truppe spagnole in Marocco, dove rimase incantato da quel paese esotico con i “suoi violenti contrasti di luci e di ombre, coi suoi snelli palmizi e i bianchi suoi caseggiati ”; ai volti dei popolani romani, come quello della Fattucchiera di Trastevere, che scovava nella realtà quotidiana così come agli inizi della sua carriera quando, colpito dalle incisioni eleganti e pungenti di Gavarni, andava per le strade “por pescar tipos ”.
Ma vi sono anche nudi di giovinetti trasfigurati in figure allegoriche, come la bella Vittoria, e i temi neosettecenteschi e galanti, dove Fortuny traduce nel fremito del segno gli acquerelli scintillanti e un po’ leziosi che lo resero famoso in tutto il mondo. Queste opere hanno delle analogie con artisti francesi a lui contemporanei, mentre in Italia furono sviluppate da pittori vicini al suo stile virtuoso come Mosè Bianchi, Pio Joris, Francesco Jacovacci , anch’essi presenti in mostra con alcune acqueforti.
Bello L’anacoreta, che risente molto dell’interesse per la pittura spagnola del Seicento, che nella Francia della seconda metà dell’Ottocento aveva catturato anche Manet, ma che si rifà anche, per l’atmosfera inquietante, al più illustre precedente di Fortuny, Francisco Goya .
La saletta Gonnelli potrebbe dedicarsi con più coraggio a queste piccole esposizioni che sicuramente portano ad una valorizzazione di un patrimonio sconosciuto e interessante.
linda pacifici
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