Gli spazi de La Corte Arte Contemporanea ospitano alcuni degli ultimi lavori di Luca Brandi che, dopo un lungo silenzio creativo, ha recentemente ritrovato quell’ispirazione astratto-geometrica così fervida in lui nei secondi anni ottanta. A tredici anni dalla sua ultima personale, allestita nel 1989 presso la Ken’s Art Gallery di Firenze, l’artista presenta al pubblico le sue più recenti, raffinate riflessioni pittoriche.
Le grandi tele di lino, bagnate da pigmenti acrilici cromaticamente deflagranti, accolgono l’impulso espressionistico dell’artista, che puntualizza in seguito le sue intenzioni creative attraverso inserti lineari di un nero cupo e profondo. Il caldo impatto del colore viene così raffreddato dall’abbraccio del rigore geometrico, mentre lo spazio pittorico si fa ad un tempo luogo dello sfogo emotivo e della definizione razionale.
Brandi obbedisce all’ impulso ad invadere con il colore lo spazio della tela, idealmente sconfinato, ma poi lo delimita, lo chiude mediante riflessive campiture geometriche. I colori utilizzati sono quelli elementari, primari e d’impatto, come il giallo ed il rosso, ma anche il nero cupo, il non colore che tutto assorbe, ed il bianco freddo, che al contrario riflette.
La prima delle opere ad offrirsi all’attenzione del pubblico è Black Buildings II, emblema della poetica dell’autore. La tela è invasa dal pigmento bianco, un bianco sporco, dalla texture spessa e scabrosa, e sui lati, ai confini dello spazio pittorico, la stesura è delimitata da parentesi geometriche di un nero fluido e profondo. E’ qui evidente la tensione tra l’assoluta libertà del sentimento cromatico e l’intervento ordinatore dell’intelletto, tensione che comunque si armonizza in un accordo creativo di rara raffinatezza.
In questo, come negli altri lavori, è forte il richiamo al rigore razionalistico, accostato alla calda umanità delle stesure cromatiche. In tal senso ci troviamo di fronte a complessi chiasmi pittorici in cui l’astrazione geometrica allude alla forza ordinatrice del ragionamento, che comunque limita, mentre il colore è intuizione dell’assoluto, senza confini ma imperfetto. La freddezza della razionalità incontra così il calore dell’emotività e ad esso si coniuga, generando un insieme fascinoso ed enigmatico. Attraverso note pittoriche rigorose, Brandi media la propria sensibilità creativa, unione di calore emotivo e rigore intellettualistico, a significare il mistero della natura umana, magico incontro tra ragione e sentimento.
Atipica rispetto all’insieme dei lavori proposti è infine Itoman, l’opera che dà il nome alla mostra. Il grande monocromo nero, affascinante enigma in cui la spessa stesura cromatica si oppone allo sguardo indiscreto del pubblico, evoca riflessivi silenzi e richiama l’essenzialità minimale della meditazione zen. Al centro della tela la superficie è come graffiata, scarnificata al punto da lasciar trasparire spiragli dorati, quasi un invito dell’autore a osservare attentamente, a saper scorgere la fioca luce che arde oltre il buio e indovinare una presenza ulteriore, al di là della semplice evidenza.
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