Chiudete gli occhi. Tornate al 1806, a Siena, tra Piazza del Campo e il Duomo, il rumore dei cavalli sul selciato (che qui chiamano ‘le lastre’). Chiedete di Galgano Saracini, che è un appassionato collezionista che tutti conoscono, e bussate alla sua casa. Vi apriranno -la sua galleria personale è aperta al pubblico- e forse troverete lui stesso ad illustrarne temi, filoni e capolavori conducendovi attraverso le stanze ed i salotti.
Ma ora riapriteli gli occhi, tornate ai giorni nostri e recatevi nello stesso posto. Scoprirete che quel palazzo (eretto nel XIII secolo e che fu dei Piccolomini), dopo una lunga campagna di restauri voluti dalle due più importanti fondazioni senesi, è stato riaperto, restituito a vita nuova, e –pur ricco di opere come un blasonato museo- ha mantenuto il fascino seducente di un’abitazione d’altri tempi.
Il palazzo fu acquisito da Marcantonio Saracini, nella seconda metà del ‘700. Ma fu il figlio Galgano, con un eclettico gusto illuminista, ad implementare le collezioni artistiche e a promuovere restauri e puliture. Con il passare degli anni e l’incremento delle opere, il palazzo fu ristrutturato e adattato al gusto gotico tardo-ottocentesco finché, in assenza di eredi diretti, passò in mano ai nipoti Chigi, tra i quali si distinse Guido, fondatore dell’Accademia Musicale che porta il suo nome e che è ancora prestigiosa e attiva istituzione nel proprio campo.
Il piano nobile dell’edificio si annuncia con una loggia che dà sul cortile e conduce al Salone dei Concerti, modellato negli anni Venti in stile rococò veneziano, che ospita le manifestazioni dell’Accademia Chigiana. A lato si apre la parte più privata della casa con il Salotto Sassetta (dedicato alla scuola senese). Al centro della stanza c’è un sorprendente tavolo intarsiato tardo cinquecentesco, e alle pareti le splendide tavole L’adorazione dei Magi e S.Martino ed il povero, opere del Sassetta. Il percorso si snoda poi per il Salotto Botticelli (di gusto ottocentesco un po’ pomposo) che prende il nome dal tondo raffigurante la Madonna col bambino ed angeli, attribuito alla cerchia di Botticelli, cui fa pendant ad un altro tondo dal medesimo soggetto di Neroccio di Bartolomeo. È poi la volta del Salotto Brescianino, in cui sono esposto un altare a portelle con Crocifissione e i Santi Agostino e Girolamo, un Ritratto di fanciulla e soprattutto un S. Sebastiano, dalla pelle diafana, di Andrea del Brescianino.
Il salone successivo, decorato lungo i muri con porcellane rinascimentali e al cui centro spicca il pianoforte Bechstein appartenuto a Liszt, è intitolato a Sano di Pietro, di cui è esposta una Madonna coi santi Girolamo e Bernardino. Seguono poi il Salotto Strozzi, con due tavole arricchite da cornici gotiche del senese Mariotto di Nardo e due tele della prima metà del Seicento di Bernardo Strozzi, tra cui spicca per analisi psicologica, il Ritratto di gentiluomo. Nel centro del palazzo invece la sala con un ritratto seicentesco di un Saracino, opera di Rutilio Manetti, e un bozzetto raffigurante S.Girolamo del Bernini. Nell’adiacente Aula Scarlatti, in cui sono esposte anche altre porcellane rinascimentali, spiccano Lo sposalizio mistico di S.Caterina del Beccafumi ed un sorprendente Allegoria dell’amore celeste del Sodomia. Le sale più interne sono dedicate a Boccherini, Vivaldi, Frescobaldi, Monteverdi, Pergolesi e Casella e conservano opere di Salvator Rosa (tra cui uno splendido autoritratto), del Conca, di Vanni, nonché sculture e bassorilievi del periodo gotico e rinascimentale.
Come ci si sente una volta usciti dal palazzo? Ebbene si, frastornati per la grande (troppa?) quantità di capolavori. Provare per credere.
daniele capra
mostra visitata il 20 febbraio 2005
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