Tra i punti cardine intorno a cui ruota il lavoro di
Grazia Toderi (Padova, 1963; vive a Milano) c’è la dialettica fra esperienza soggettiva e sguardo collettivo, l’incontro della dimensione storica con un tempo infinito, lo scambio di ruolo e posto tra cielo e terra, tra città e universo. Medium privilegiato della ricerca è il video, per la sua capacità di trasformare il reale in un’immagine incorporea e senza peso e, allo stesso tempo, rendere ogni esperienza vicina, apparentemente tangibile: come avviene per la televisione, la cui azione sull’immaginario è stata al centro del primo periodo dell’artista.
Grazia Toderi torna con questa mostra a occuparsi di Firenze (già protagonista del video
Stelle di terra del 2000). Immagini notturne della città in lento cambiamento sono proiettate sullo schermo, una sopra l’altra ad affrontarsi, l’immagine superiore ribaltata in modo che l’alto diventi basso e viceversa, creando un’immagine complessa, doppia ma allo stesso tempo sfuggente, disorientante.
È uno specchio imperfetto, un’immagine che muta impercettibilmente e torna sempre al punto di partenza, in continua rotazione su se stessa, in cui a larghe zone che assorbono l’oscurità si contrappongono pozze livide e magmatiche di luci: quella distesa di luci sporche e rossastre che si vede all’approssimarsi a una città in aereo.
Ed è proprio da viaggi in aereo che, afferma Toderi in diverse interviste, nascono parte delle sue immagini.
È così messo in atto un capovolgimento dei punti di vista usuali, una decongestione dello sguardo che si sa abituato a cliché. E Firenze è la città dei cliché per eccellenza, a cui quest’opera – in mostra, per l’appunto, nel centro di Firenze – concede un bagno nell’indistinzione, nel rovesciamento delle prospettive, in un tempo infinito che si sposa con l’immobilità dell’istante, in un brulicare irriconoscibile di luci e oscurità che si spostano nello spazio dell’immagine.
Accompagna il video un suono che con l’immagine contrasta, nell’essere veramente sempre uguale a se stesso: un sibilo sonoro persistente e ostinato, una sorta di allucinato rumore bianco, a confronto col quale le visioni di città che si susseguono nell’immagine assumono l’aspetto di frequenze che si alternano, variazioni su un unico tema.
Alle vedute di Firenze si sovrappongono sfere in movimento, composte da piccoli punti luminosi: la sfera, per l’insieme di associazioni che provoca nella mente, è elemento spesso presente nei lavori della Toderi. Si tratta di orbite di pianeti? Di Ufo? Della forma dell’universo? Di allusioni a un tempo circolare, eterno? Sono, in ogni caso, catalizzatori dello sguardo: perché la città si continui a guardarla, da qui all’eternità.