Dopo una lunga ricerca volta a ricreare “l’apparenza iconica delle creature viventi” (Ludovico Pratesi), sviluppata attraverso la pittura e la realizzazione di impronte, Massimo Barzagli (Marradi, Firenze, 1960) prosegue il suo percorso di costruzione figurativa. E lo fa attraverso tecniche di impressione fotografica, utilizzate per manipolare oggetti d’uso quotidiano. Oggetti che appartengono al vissuto personale dell’artista, sottoposti ad un procedimento che impiega la luce per cambiarne, in qualche modo, sia la forma che la sostanza. Tracce di un passato che riaffiora attraverso le auree luminose degli oggetti stessi, qui trasformati in icone. Ciò che sembrava ormai solo un ricordo sbiadito si trasforma in una visione presente e persistente, fatta di dinamismo e fluidità. Peccato che la mostra, curata da Sergio Risaliti, sia divisa tra Firenze a Siena, rendendo problematica la visione di tutte e trenta le opere (tra quadri singoli, dittici e trittici) realizzati dall’artista negli ultimi due anni.
I due trittici che accolgono il visitatore nella galleria fiorentina (entrambi titolati Maybe one night) ricostruiscono situazioni ambigue, dove alcuni oggetti (lampadari, sedie, tavolini e telefoni), disposti come in una scenografia teatrale, fluttuano e interagiscono, mentre altri riecheggiano nel vuoto dello sfondo monocromatico. Meno suggestiva la serie di opere singole, quasi dei fotogrammi, contigui e contrapposti, che si sviluppano attraverso cromatismi e cambi d’inquadratura degli oggetti stessi (una lampada e uno specchio). Forse proprio perché, isolati e messi in serie, quegli oggetti tornano ad essere semplicemente pezzi di un passato riesumato, ma non rianimato.
Le opere in mostra, se considerata nella sua interezza (tra le due sedi), avrebbero certamente beneficiato di un grande open space capace di colpire pienamente il visitatore, e di metterlo in condizione di raccogliere tutti gli stimoli visivi che scaturiscono dalle gigantografie, liberandole dai limiti di spazio. La chiusura della sede senese della Galleria Bagnai a favore di un nuovo e più ampio spazio fiorentino nei pressi del Quarter, potrebbe essere proprio un segnale in questa direzione, fatta di nuovi e più ampi scenari per l’arte contemporanea nel capoluogo toscano.
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