Le Strabisme du Dragon di
Luca Pozzi (Milano, 1983) – esperimento
espositivo innescato su più livelli, nella profondità della cripta dell’ex
chiesa di San Pancrazio -, nonostante una generale difficoltà interpretativa,
potrebbe essere considerato come un tentativo di definire il termine ‘equilibrio’.
Innanzitutto, si equilibrano i campi attinenti all’arte e
alla scienza, cercando di eliminare fattivamente quella cesura convenzionale
che già epoche passate non conobbero (basti risalire allo spirito collezionista
della Wunderkammer). Nel nuovo legame, così ottenuto, vengono inclusi
contributi eterogenei: fisica, teologia, arti marziali e altro ancora, fino a
raggiungere, secondo le parole di Valerio Borgonuovo, “
un insieme
installativo ibrido, orchestrato come sistema polifonico plausibile”.
L’altra forma centrale di equilibrio è quella di tipo
“meta-stabile”, che riguarda le opere stesse. Per chiarirne il significato si possono
evidenziare
Background inside platform through IKB influence, campo elettromagnetico in cui
ruota una spugna blu-
Kline – sospensione tra materia e vuoto, azione e inazione -,
oppure
Schrödinger’s cat through Piero della Francesca influence, sovrapposizione di passato e
presente, raggiunta attraverso citazioni quali la celebre
Pala Montefeltro del pittore aretino, il paradosso
del gatto di Schrödinger, il tatami del judo. In ognuno dei casi, sia che
prevalga l’arte o la scienza, l’interesse speculativo si focalizza sullo scaturirsi
del movimento, quindi sull’origine e sulla regola del mondo.
Riferimento ulteriore, quasi una nota di sottofondo
continuo, l’
Aleph Experiment (che, con l’aggiunta di
Without Mass, forma l’acronimo
A.E.W.O.M.), la ricerca condotta dal Cern di
Ginevra che ha portato alla costruzione del Lep, un enorme acceleratore di
particelle oggi sostituito dall’Lhc. Non a caso,
Strabisme du Dragon è il terzo momento di un progetto
più ampio, ispirato da interviste ad artisti e ricercatori.
Non è semplice in una personale come questa – che a una
visuale dall’alto apparirebbe, per disposizione delle opere, nella forma di un
mitologico dragone – tracciare il confine che separa un’intelligenza inclusiva
dal vezzo solipsistico della citazione. Salvo poi intuire, paradossalmente, che
la forza del risultato è proprio nell’apertura, nella mancanza di un legame
determinato a priori: lo strabismo crea immagini doppie, riferibili a stati
opposti come le palline di
Dragon’s wings, incredibilmente attirate in su nonostante la
forza gravitazionale.
O ancora, e in modo più personale, come il camuffamento
prospettico di Pozzi fotografato, saltante, davanti alle tele del
Veronese.