Negli ultimi tempi sempre più spesso assistiamo ad una volontà da parte di musei ed istituzioni pubbliche di far dialogare gli spazi delle collezioni preesistenti con opere di artisti contemporanei, esigenza che si traduce nella creazione di preziosi sodalizi che permettono al visitatore di riscoprire patrimoni unici spesso disertati ed al contempo di relazionarsi con voci inedite dell’arte contemporanea. Questo accade anche a Palazzo Pretorio – antico edificio comunale pratese risalente al XIII-XIV secolo, dapprima sede del Podestà, della magistratura e delle prigioni e diventato dal 1912 Museo in cui è ospitata una preziosa collezione d’arte – dove dal 2016 viene portato avanti il progetto Pretorio studio. All’interno di questa rassegna, nata dall’idea della curatrice Veronica Caciolli, tesa appunto a valorizzare il patrimonio museale del Palazzo aprendolo all’interpretazione di artisti contemporanei, ha inaugurato, mercoledì 10 luglio, Passato in giudicato, personale dell’artista Simone Pellegrini. L’allestimento collocato nelle sale del piano terra dell’edificio, consta di 4 grandi lavori: Stillare (2013), Condizione di fondo (2017), Compluvio (2019) e Bordo della cortina estrema (2019). Per l’ispirazione di quest’ultima opera, sarebbe doveroso dire che galeotto fu il graffito sulla parete del primo piano risalente al XIV secolo, costellato di segni indecifrabili incisi dai condannati in attesa della propria sentenza. Le affascinanti monotipie su carta da spolvero marchiate dall’alternanza del rosso e nero, rievocanti cosmogonie misteriose dove affiorano forme, corpi contorti, organismi mutanti e vegetali relazionati a schemi che presentano disassamenti e che si ripropongono in maniera sempre diversa a realizzare composizioni celebranti l’aniconia (sebbene spesso vi compaiano forme riconoscibili), sono dominate da una dimensione “anacronica” (per usare un termine di Georges Didi-Huberman) . La mostra è interamente giocata sul doppio, e conduce il visitatore verso un’ambivalenza enigmatica e seducente, provocando disorientamenti continui. Già il titolo è foriero di questa dualità: “in giudicato” infatti in senso giuridico indica un “provvedimento immodificabile”, ma pronunciato è evocativo al tempo stesso di qualcosa ancora passibile di giudizio. Così il luogo stesso dove l’esposizione è ospitata, risente di questa ambivalenza: un tempo depositario della Legge, che come osserva Pellegrini “si ossequia o trasgredisce è un lascito religioso che tradisce un vincolo con il dominio del Padre”, ora è testimone del visivo.
Simone Pellegrini. Passato in giudicato, Compluvio 2019
Un visivo che come afferma sempre l’artista “secondo una lettura freudiana oltre che lacaniana è proprio di qualcosa che si colloca nel seno della dimensione materna”: una madre celebrata nella sua potenza massima a Prato nella figura mariana così cara per tradizione alla città ed onorata nella preziosa reliquia della cintola, ovvero in quella che è ritenuta essere la cintura della Madonna che la stessa consegnò a San Tommaso come prova della sua assunzione in cielo . D’altronde anche il titolo dell’ultimo lavoro di Pellegrini, Bordo della cortina estrema rimarca questo “essere tra”, perché nel termine cortina c’è un evidente richiamo al tendaggio e dunque ad un elemento di separazione, ed un rimando anche alla frontiera, e quindi ad una linea di confine. “Ed è stato concepito” infatti scrive l’artista in alcune note che accompagnano la visione della mostra consultabili sul sito di Palazzo Pretorio ,”sul limitare dell’essere e cioè nella periferia in cui la Legge ed il peccato si toccano”. Questo aspetto di squilibri armonici è esemplificato anche, tra i segni degli imputati sparsi sulla parete vicino all’affresco della Crocifissione, nell’immagine di una doppia luna nera, astro che nella tradizione ebraica racchiude in sé un’anima maschile detta yareah ed una femminile denominata levanah. Dunque in queste vellutate monotipie trasudanti olio e pigmenti, camaleontiche finestre che dischiudono mondi suggerendo al visitatore ora d’essere salteri medievali, ora pitture rupestri, ora topografie di antiche città, ora mappe in cui affiorano archetipi junghiani o reminiscenze inconsce o collettive, si celebra un nomadico disorientamento: qui l’Oriente si unisce all’Occidente, l’aniconico cede ad accenni figurativi, schemi ben congegnati si arrendono a centrature impossibili, in una celebrazione di nuove frontiere estetiche.
Tristana Chinni
Mostra visitata l’11 luglio 2019
Dal 11 luglio al 8 settembre 2019
Simone Pellegrini. Passato in giudicato
Museo di Palazzo Pretorio
Piazza del Comune -59100 Prato
Orari: Aperto tutti i giorni (escluso il martedì) dalle 10.10 alle 18.30
Info: www.palazzopretorio.prato.it