Figure sacre, soldati, guardiani. E poi cavalli, cammelli e creature immaginarie che si alternano a donne che giocano o musicisti. È la Cina come non si è mai vista, una collezione di opere e reperti giunti in Europa per la prima volta. Un viaggio suggestivo in nove secoli di storia nei meandri della cultura cinese, proposto attraverso duecento capolavori che appartengono al vasto periodo racchiuso tra la dinastia Han orientale (25-220) e Tang (618-907), passando per le corti imperiali delle tre capitali più importanti della Cina nel primo Millennio: Nanchino, Luoyang e Chang’an.
La mostra si apre con un assaggio dello stile classico caratteristico della tarda dinastia Han, grazie a una processione di carri e cavalli in bronzo: le guardie d’onore di un governatore regionale dell’epoca. Ma è soltanto un preambolo che introduce all’Età dell’Oro della storia cinese: la dinastia Tang, momento fondamentale per la cultura orientale, caratterizzata dalla grande apertura verso le idee e gli influssi stranieri, assimilati e rielaborati in uno stile unico. Durante l’epoca Tang (VIII secolo), la capitale Chang’an era la città più grande del mondo e terminale orientale della Via della Seta, crocevia fra diverse popolazioni e culture. Ricorrono così le opere che testimoniano la presenza di stranieri, come una ricca serie di vivaci statuette in terracotta, spesso figure caricaturali che evidenziano fisionomie esotiche e lasciano trapelare influenze provenienti da tecniche persiane e centro-asiatiche. E stranieri erano pure i re guardiani delle tombe, scolpiti in pietra o argilla, o rappresentati in figure murali.
Fra i tesori della
Cina alla corte degli imperatori tanti sono i soggetti e le fonti d’ispirazione e varie le tecniche e i materiali utilizzati: statue di pietra, oro, bronzi dorati, terrecotte pigmentate o invetriate, ma anche affreschi e altorilievi. La mostra lascia poi ampio spazio all’opulenza della corte Tang attraverso finissimi reperti d’oro e argento, che evidenziano e rafforzano i rinnovati contatti con l’Occidente, in particolare con la Persia sasanide.
Importante, nella cultura cinese e nell’esposizione di Palazzo Strozzi, la componente religiosa di fede buddista. Anche se i sovrani Tang favorivano il taoismo come religione di stato, durante la loro dinastia non impedirono la produzione di opere ispirate ad altre credenze, proprio mentre la Cina veniva conquistata dal fiorire del buddismo, che lentamente si introdurrà fino a cambiare per sempre la cultura cinese. Fenomeno accentuato nell’esposizione di una serie di sculture sacre e steli in pietra, espressioni di uno stile possente e raffinato, esaltato dalle rappresentazioni di Buddha o boddisattva a grandezza umana, a cui il visitatore in realtà viene già introdotto all’esterno della mostra grazie a un’imponente statua di Maitreya, il Buddha del Futuro, eseguito in onore dell’unica imperatrice donna della storia cinese, Wu Zetian, che stupisce per le notevoli dimensioni (la statua è alta ben 240 centimetri), pur mantenendo un elevato grado di equilibrio ed eleganza.
Un allestimento puntuale e raffinato, creato per l’occasione dallo stilista Romeo Gigli, insieme alla cura dei contenuti che, come ormai d’abitudine per le mostre di Palazzo Strozzi, riesce a coinvolgere anche i bambini con una serie di descrizioni loro riservate, rendono totale il trasporto verso la Cina degli Imperatori. Un viaggio senza tempo, alle origini di uno stile e di una civiltà cosmopolita e un’arte immensa.