Matahari significa letteralmente occhio dell’alba, sole, ed evoca il ruolo della luce nell’arte di Filippo Sciascia, ricercata dall’artista per il suo ruolo sacrale e salvifico, ma compresa attraverso lo sguardo della scienza.
Nella mostra realizzata appositamente per lo spazio Ex-Marmi di Pietrasanta e curata dal gallerista Lorenzo Poggiali, l’approccio scientifico-antropologico lascia molto spazio alla presenza di simboli della mitologia e del culto mediterraneo e indonesiano.
Campanelle balinesi, cavallucci marini, divinità greche e mani bizantine s’intrecciano a ritratti realizzati sui diversi media, tra cui un disco d’acciaio, e immagini che richiamano gli studi psichiatrici di Hermann Rorschach, basati sull’interpretazione delle macchie di inchiostro. In questo incontro di antico e contemporaneo risiede il nucleo concettuale della serie di opere intitolata Gremano Esiatico, termine riassuntivo della convergenza dei modelli di Greco-Romano ed Indonesia-Antico entro un’unica poetica.
Armonia e dissonanza sono le sensazioni percettive che caratterizzano la visita di “Matahari”, evoluzione del progetto Bali-Bulé nato dal sodalizio tra Filippo Sciascia e Luigi Ontani per il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Di quest’esperienza troviamo traccia nelle presenza di alcune opere realizzate per il museo napoletano come Gremano esiatico 11, pensata come dialogo diretto con la statua di Artemide Efesia ivi custodita. La dea, simbolo di fertilità e custode di alcuni segni dello zodiaco, è ripensata da Sciascia secondo il medium della pittura ad olio, adornata da una foglia nel suo lato posteriore, e montata su una felce balinese che prende il posto ed il ruolo della colonna dei tempi greci. Un lavoro di innesto in cui la conoscenza delle tecniche occidentali si fonde ai materiali naturali di Bali.
Nel contesto multiculturale sopravvivono le forme della Firenze rinascimentale del David di Donatello e delle formelle della porta del Paradiso del Battistero di San Giovanni. Se in Gremano esiatico 16 la sagoma dell’eroe biblico è ritagliata da un nido d’api e applicata su una tavola in legno dipinta con motivi lineari balinesi gialli e neri, in Gremano esiatico 17 il perimetro della formella definisce la forma della tavola in legno balinese su cui l’artista ha dipinto un ritratto in cui contemporaneo e manierismo si fondono alla luce di una candela. Nell’oggetto trovato di origine orientale, base per ricordare esperienze di vita ospitando immagini della società occidentale, Sciascia sintetizza la sua cultura composta dal luogo di nascita, Agrigento, il luogo della formazione, New York e Firenze, il luogo in cui ha scelto di vivere, Bali.
Il tempo è così elemento di riflessione, attivazione e passaggio da un media all’altro, dal video all’immagine fissa, e condizione dell’essere a cui occorre adattarsi. Lo sgretolamento del gesso, la ruggine del metallo e la sensazione di decomposizione sono simboli dell’accettazione del mutamento del sé proprio del girovago, dell’artista viaggiatore a cui piace lasciare al tempo il potere di mostrarsi nelle sue stesse opere.
Alessandra Franetovich
Mostra visitata il 25 luglio 2014
Dal 5 luglio all’8 agosto 2014
Filippo Sciascia, Matahari
Ex- Marmi, Complesso post-industriale
Via Nazario Sauro 52, Pietrasanta
Orari: dal martedì alla domenica, 18:00 – 24:00