Presenze inafferrabili si aggirano nella galleria Margini di Massa: sculture in legno di figure umane o parti di figure umane, spesso a grandezza naturale che, pur essendo apparentemente disponibili al contatto (alcune sono disposte in mezzo agli spazi della galleria e dunque avvicinabili da ogni lato, e l’altezza è tale che si può provare a guardarle negli occhi), sfuggono poi alla possibilità di un confronto diretto. Risultato, questo, del modo in cui
Aron Demetz (Vipiteno, Bolzano, 1972; vive a Selva di Val Gardena, Bolzano) scolpisce e tratta il legno – o, meglio,
i legni: pioppo, tiglio, noce, cedro, cirmolo, pero – rendendolo un linguaggio versatile ma omogeneo nei risultati.
È ormai scontato il riferimento alla lunga tradizione della scultura lignea nordica e, in particolare, a quella gotica e tardo gotica, in confronto alla quale, tuttavia, Demetz mette in atto un processo di raffreddamento, di tenuta a distanza delle emozioni.
Alcune sculture, apparentemente più vicine al reale, presentano personaggi i cui abiti, grazie al trattamento del legno non del tutto rifinito e al colore steso sopra, che lo rende ulteriormente impenetrabile, sembrano diventare corazze. Anche alcune particolarità del volto sono rese attraverso mezzi per così dire interni al medium: così accade per le imperfezioni della pelle, che Demetz non rende col colore ma con buchi, quasi che i volti rivelassero quella vulnerabilità che i corpo nascondono. La pelle, inoltre, è trattata con un colore di tipo diverso, bianco ma non coprente, che lascia trasparire le venature del legno. La pelle è diafana, vulnerabile, percorsa da vene sinuose ma immobili. Èuna trasparenza sottilmente inquietante, che conferma l’impressione di lontananza che le figure emanano.
Altre sculture sono realizzate anche con la resina che ricopre parzialmente o totalmente le figure. Come se fosse uno strato che preserva e contemporaneamente un acido che corrode la pelle, i volti ricoperti di resina fanno venire in mente certi busti romani mangiati dal tempo.
Una delle sculture in mostra presenta un corpo di donna: la parte inferiore, fino al seno, è di legno grezzo, scolpito con voluta incuria, con trucioli che rimangono attaccati al corpo come per caso. La parte superiore e il braccio sinistro sono invece ricoperti da una colata di resina: come se la carica emotiva che il corpo straziato provoca venisse congelata, cristallizzata dal rapprendersi della resina. Come se non ci fosse spazio per un’espressione troppo piena di pathos.
E, ancora, un altro gruppo di opere presenta corpi o parti di corpo coperti stavolta da uno strato sottile di argento o alluminio, ulteriore allentamento dell’immagine da un confronto con l’esterno. Come la testa di bimbo di
Sul sentire, in cui, sopra la foglia d’argento, s’intravedono ditate. In bilico, ancora una volta, tra protezione e aggressione. Che rimangono, comunque, espresse con silenti mezzi formali.