Un pianterreno costituito da due locali frontestrada, 36 mq complessivi, al numero 18 di via San Niccolò, a Firenze, nella nostrana “rive gauche”. Un gruppo di artisti che promuovono il dialogo e lo scambio: Mario Airò, Marco Bagnoli, Massimo Bartolini, Vittorio Corsini, Fabio Cresci, Daniela De Lorenzo, Andrea Marescalchi, Paolo Masi, Massimo Nannucci, Maurizio Nannucci, Paolo Parisi, Robert Pettena, Pedro Riz À Porta, Remo Salvadori, Addo Lodovico Trinci. Questo è il presente.
A febbraio/marzo quattro appuntamenti vedranno diversi protagonisti della cultura artistica contemporanea varcare la soglia di Base: Steve Piccolo & Gak Sato, Giuseppe Chiari, Giuliano Scabia, l’ensemble Kinkaleri; quattro serate dai confini imprevedibilmente cosmopoliti, quattro eventi legati alla città. Questo è il futuro immediato, cui seguirà una mostra di Maurizio Mochetti.
Nel 6×2 di Base incontriamo Paolo Masi, Maurizio Nannucci e Paolo Parisi. Abbiamo chiesto a loro di raccontarci le ragioni, il passato, le aspirazioni per il futuro di Base.
Base ha una personalità propria che trascende le facili definizioni. Qual è stato il motore che ha portato alla sua costituzione e con quale aspirazione è nato questo collettivo di artisti?
Paolo Parisi – Base, a sei anni dalla sua formazione, mantiene la formula con la quale è nata. Si tratta fondamentalmente di un gruppo di artisti che si incontrano per parlare delle proprie esperienze. Sin dal principio si è voluto concretare l’incontro di queste
Paolo Masi – Questa modalità segue le tracce di una linea storica che appartiene a questa città. Da sempre, dalla tradizione del Rinascimento ai fermenti del Novecento, gli artisti si sono fatti carico di sviluppare questo dialogo e creare un’arena per il confronto.
Si tratta quindi di uno spazio espositivo autogestito dagli artisti. Quali sono state le tappe che vi hanno portato al 18 rosso di via San Niccolò?
PM – In un certo arco di tempo ci siamo trovati a sperimentare questi principi in altri spazi. Il primo episodio della nostra cronistoria si potrebbe far risalire alla mostra m.242 slm, nel 1991 al Palazzo Surbone di Montescudaio. Ne sono seguiti altri, poi abbiamo trovato questo spazio. Era il 1998 e abbiamo inaugurato con una mostra di Sol LeWitt, poi sono venute quelle di Niele Toroni, Cesare Pietroiusti, Mario Airò, Jan Vercruysse, Liam Gillick… Adesso è in corso la mostra di Olaf Nicolai e nell’ultimo anno sono passati da Base Nedko Solakov, Bernhard Rudiger, François Morellet.
Siamo tutti artisti presenti sul territorio toscano e, di regola, ci siamo sempre autoesclusi dai progetti espositivi.
Maurizio Nannucci – Va detto che Base progetti per l’arte è uno spazio rigorosamente no profit sostenuto dagli artisti con una forma di autofinaziamento. Al primo nucleo dei sei che hanno dato vita al progetto, ci sono sono state quasi subito nuove adesioni. Adesso siamo in quindici e questo ci permette di poter avere un dialogo con l’esterno con una pluralità di voci e una varietà di intenti e di idee.
Insieme alle premesse programmatiche fu redatta anche un desiderata, una lista di nomi di artisti da invitare ad esporre nei nostri 36 mq.
L’adesione è sempre stata spontanea ed immediata da parte di tutti gli artisti. Ci teniamo a sottolineare che fino ad oggi il programma di Base si è svolto interamente sulla traccia di questo primo documento.
Quali sono le caratteristiche delle mostre di Base?
MN – Base è una presa diretta con la realtà artistica contemporanea, è un luogo in cui artisti invitano altri artisti, dove si crea uno scambio di esperienze e di informazione a cui tutti possano attingere. Come accennavamo prima, per noi è fondamentale la complicità degli artisti, la loro presenza a Firenze in tutte le fasi del progetto fino all’inaugurazione. Tutte le mostre nascono da questa dialettica e sono sempre inedite e appositamente pensate per il nostro spazio. Siamo interessati che gli artisti tengono anche conto dello sfondo culturale e sociale nel quale vengono chiamati ad operare.
Che tipo di difficoltà avete incontrato nel corso della vita di Base?
MN – Non ci sono mai stati problemi a livello di programma, abbiamo una lunga waiting list di mostre. Ogni evento ha sempre incontrato all’interno del collettivo un consenso immediato. Il problema più pressante è quello economico relativo alla
Per tre anni abbiamo collaborato con la Fondazione Teseco, poi, lo scorso anno, siamo rientrati nel programma della Regione Toscana, ma è chiaro che senza un contributo esterno continuato dovremo interrompere la nostra attività.
Gli eventi promossi da Base hanno un buon riscontro presso il pubblico.
PP – Ad ogni inaugurazione la strada è bloccata. Rileviamo un grande entusiasmo. Questo perché Base è prima di tutto una porta aperta al dialogo, una possibilità di colloquio. In questo senso Base si sviluppa su due dimensioni: il collettivo, con i suoi progetti e le singole personalità artistiche, e lo spazio fisico, che spesso è un punto di riferimento sia per chi vive qui che per che viene da fuori.
MN – Non ci stanchiamo di ripetere ciò che si dice internazionalmente: Base è un luogo unico in Italia. È uno spazio aperto e indipendente dove all’interno della dialettica ogni personalità artistica rimane autonoma.
Questa indipendenza è pagata a caro prezzo, perché in Italia non è possibile ottenere quella stabilità che realtà analoghe sono riescono a crearsi all’estero. Penso a situazioni come Art Metropole a Toronto o Franklin Furnace a New York, alla Wiener Seccession a Vienna, enti che partono da premesse affini a quelle di Base e che godono di consistenti contributi pubblici che le rendono delle vere e proprie istituzioni.
Qual è invece il rapporto con le istituzioni locali?
PM – Il discorso è più complesso. Da un lato c’è la situazione generale di Firenze che crede sordamente nella propria identità storica e mira soprattutto a conservarla e a coltivarla, voltando le spalle all’esterno. Questo lo si riscontra tanto in ambito privato (dove le grandi sponsorizzazioni sono rivolte solo alla celebrazione di artisti storici) quanto in ambito pubblico. L’emblema di questo stallo, e di qu
MN – Forse vale anche la pena ricordare il “famoso” contributo di un milione elargito a Base qualche anno fa dal Comune, per altro mai ritirato… che si commenta da solo!
PP – Infatti dopo la collaborazione per tre anni con la Fondazione Teseco, abbiamo riscontrato una sensibilità più attenta nell’operato della Regione Toscana. Iniziative come TraArt rispecchiano il senso di rete (tra le risorse artistiche, umane ed istituzionali) sul territorio di cui Base è sempre stato inconsapevole ispiratore. Solo in questo modo con il sostegno pubblico si può creare una piattaforma perchè iniziative come la nostra possano esistere in Toscana, creando un confronto che metta in relazione gli artisti ma che coinvolga un numero sempre più ampio di interlocutori.
a cura di pietro gaglianò
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