Drodesera è da molti anni uno dei momenti più cool dell’estate trentina. Se la regione ospita già appuntamenti di rilevanza internazionale per quanto riguarda la danza –stiamo parlando del festival Oriente-Occidente– Drodesera, in chiave più sperimentale e di contaminazione, trova invece la sua specificità nel teatro.
Teatro attuale e d’avanguardia, ovviamente, come quello della compagnia Teatro Valdoca, che con Canto di ferro. Seconda tappa di Paesaggio con fratello rotto ha segnato nei due giorni di programmazione il tutto esaurito. Uno spettacolo dalle suggestive scenografie che sembra attingere –in una trasposizione postmoderna- alla tragedia, ponendo al centro l’uomo con la sua fragilità, il suo candore, il suo mistero, il suo divenire inquieto. Un pathos simile, vibrante e viscerale, è quello offerto dalla compagnia Sud Costa Occidentale, che con Mishelle di Sant’Oliva e Vita mia torna a riflettere sui drammi familiari del sud Italia, mentre con La scimia propone in modo dirompente il conflittuale rapporto uomo-Dio. Assai critico nei confronti della liturgia cattolica, fatta di gesti automatici e di un ampio corredo d’oggettistica che limitano il rapporto col divino ad un rito apparentemente
Anche la danza riflette sui temi dell’umanità/animalità; Virgilio Sieni lo fa attraverso una ricerca sull’essenza più profonda del movimento, sul corpo inteso come ricettore di impulsi energetici interiori, mentre la compagnia catalana Malpelo -a cui Drodesera dedica quest’anno una retrospettiva- negli spettacoli legati al progetto L’animal a l’esquena confonde realtà e immaginazione in un mondo surreale, ma abitato da esseri fatti di carne e sangue.
Ancora tragedia in molte delle altre proposte teatrali. Dopo aver affrontato nella scorsa edizione il tema delle madri assassine, Teatrino Clandestino porta in scena un altro lavoro di schiacciante attualità, incentrato sulla tortura come forma di “obbedienza all’autorità”. La Socìetas Raffaello Sanzio lascia invece lo spettatore privo di ogni appiglio interpretativo davanti all’enigma dell’esistenza umana, reinterpretata in maniera sistematica e alquanto allucinata nei vari episodi della Tragedia Endogonidia.
Pur con qualche momento meno convincente e forse volutamente soporifero –La Parigina della Compagnia Civica non ha riscosso grossi plausi- il festival ha offerto un ricco ed intenso programma, volto ad un consumo immediato ma frutto di un lungo lavoro di preparazione che conferma la Centrale come luogo d’eccellenza per la sperimentazione, l’incontro e la creazione permanente dei diversi linguaggi della contemporaneità.
duccio dogheria
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