È inevitabile. Quando ci si accosta a una mostra in
cui s’incontrano arte e mercato, istituzione pubblica e privata, il visitatore
può avvertire una sensazione di disorientamento, se non di sospetto. Spesso ci si
dimentica che un’opera, oltre a essere un agente provocatore in grado di porre
domande, è anche un oggetto di compravendita non diverso da altri, con cui
entriamo in contatto quotidianamente. Alla stessa maniera ci si dimentica che
un’azienda può svolgere attività di collezionismo, impiegando i linguaggi
contemporanei per aprirsi al mondo, con finalità sia promozionali che di
sviluppo sociale.
Il piacere del collezionista è una mostra collettiva che espone il patrimonio
artistico della ditta altoatesina Finstral (finestre e infissi) in occasione
dei suoi quarant’anni di attività. Una celebrazione della passione del
fondatore Hans Oberrauch ma anche l’occasione, per la prima volta, di rendere
accessibile alla comunità un nucleo di opere frutto di collezionismo privato.
Si tratta di espressioni provenienti dai contesti
geografici e artistici più disparati. Dipinti, installazioni e fotografie dagli
anni ‘80 in poi, con una predilezione per lavori recentissimi e particolare
attenzione per artisti d’ambito locale. I
n quest’approccio all’attività
collezionistica s’identifica quindi la volontà di creare nuove forme di
mecenatismo, in cui il soggetto privato diventa motore di sviluppo culturale sul
territorio.
Agli artisti regionali si aggiungono, con opere di
qualità, personalità di spicco nell’arte degli ultimi decenni. Alcuni esponenti
dell’Arte Povera come
Michelangelo Pistoletto e
Luciano Fabro,
Giuseppe Uncini con un
cemento armato,
Bruno Ceccobelli e
Marco Tirelli a testimonianza della
romana Scuola di San Lorenzo.
Talvolta si fatica a seguire il tema della casa e
dell’abitare, dichiarato in catalogo come elemento legante dell’esposizione. Le
opere non sono raggruppate per movimenti, ambiti tematici o periodi storici, ma
si lascia che il percorso si dipani in maniera libera e leggera. “
Un insieme
di lavori riuniti dalla capacità di stabilire con il collezionista un forte
legame connotato da gioia ed emozione”,
dove quindi il punto di vista risulta volutamente personale e a-scientifico.
Nell’eterogeneità dell’allestimento, vincono su tutto
la piacevolezza delle opere e le suggestioni del contenitore. Fra ballatoi
interni, piani, lucernai, scale e balconi, il passaggio nelle sale si fa avventuroso
e labirintico.
In quest’architettura vagamente escheriana non
stupisce neppure vedere accostato
Joseph Beuys con
Ulrich Egger,
Chen Zhen o
Robert
Barry con
Eija-Liisa Ahtila o
Gerald Van der Kaap.
L’unico neo si trova forse in un catalogo e in un video-loop
all’interno del percorso, che riportano alcune opere della collezione non presenti
in mostra. Malgrado ciò, il tentativo di rendere pubblico uno sguardo
soggettivo sembra riuscito, e il piacere privato del collezionista può esser
condiviso, anche se per poco tempo, da un orizzonte più vasto di persone.