La donna di Innocence&Violence -la prima mostra due anni fa di questo ciclo dedicato alle artiste- era autolesionista. Quando Mathilde ter Heijne gettava da un ponte un suo alter ego in forma di bambola o quando nelle animazioni di Zilla Leutenegger la protagonista infieriva sul proprio corpo. Non appare invece vittima di se stessa e delle circostanze la figura femminile delineata all’interno del nuovo progetto Ophelia’s world che comprende una selezione di artiste provenienti da Germania, America, Inghilterra, Grecia e Norvegia.
Della protagonista del dramma shakespeariano si è guardato soprattutto al suo indissolubile legame con la natura e con l’elemento acquatico, che ingloba e al tempo stesso genera: quindi vita e morte, natura che minaccia e che rassicura sono le due facce della stessa medaglia, non c’è uno strappo violento. In quest’acqua è completamente immersa la donna del video di Asta Groeting (Herford, 1961). Affiorano dalla superficie del lago solo i piedi che si muovono lentamente, ma senza posa in un cammino a testa in giù: più che una pena dantesca, più che un senso di soffocamento il video riesce a trasmettere un forte sentimento di pace, di tranquillità cullata dal suono dell’acqua. È la quiete interiore di questa donna che ha saputo trovare la propria posizione nei confronti del mondo.
Bloccata in un irrequieto sonno eterno è invece l’Ofelia di Marzia Migliora che seguita a cercare di uscire a respirare da questo liquido chiaro cosparso di ortiche irritanti, mentre una ninna nanna prova invano a darle pace. Allo stesso modo divisa tra il minaccioso e il rassicurante è la natura costellata di fiori di Una Hunderi (Oslo, 1971). I paesaggi e i ritratti immobili in un’atmosfera tipicamente nordica sono infatti intaccati da nubi scure o da incrostazioni di ortensie che si propagano sul maglione dell’impassibile ragazza.
Definitivamente artificiale è l’acqua nelle elaborazioni fotografiche di Margot Quan Knight (Seattle, 1977): è un liquido amniotico che genera feti innaturali, racchiusi in sfere di vetro a segnare una rottura oramai avvenuta dell’uomo con la natura, con la “sua” stessa natura.
Hanno dato letteralmente un calcio infine alla fragile Ofelia e alla sua complicità con la natura le 3 Hamburger Frauen che sulla parete della galleria ritraggono se stesse arrabbiate col mondo e con l’errata posizione della donna fino ad oggi.
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