Come calchi della realtà, materiali traslucidi,
riflettenti catturano immagini dal mondo combinate in composizioni di più
livelli, che spingono a una continua alterazione del rapporto tra visione
soggettiva e oggettiva.
Calandosi nella sua eterogenea produzione artistica,
sembra di essere di fronte a un assemblage di linguaggi opposti, partendo dal purismo formale comune a Modernismo
e Minimalismo e giungendo al grunge
sporco di un Paul McCarthy.
L’ossessione di voler accalappiare la vita quotidiana è l’unica via da
percorrere.
Al piano terra, Oil, XI, presentato alla Biennale di Venezia del 2007,
ricorda molto i combine paintings
di Robert Rauchenberg, sorta di
collage tridimensionali in cui il tema del viaggio rievocato dalle valigie si
combina con disparati elementi: civette impagliate, corni, quadri, poster. È così
messo in scena il nomadismo dell’arte, in continuo movimento e senza più un
centro.
Ma anche nei lavori che si relazionano con
l’architettura, lo specchio non è solo richiamo alla trasparenza del vetro
dello skyscraper modernista, ma presa
sulla realtà circostante, pronto a catturare l’impronta del visitatore e dello
spazio. Le Colonne invitano il
visitatore a camminarvi attorno. L’architettura è ricondotta del tutto alla
portata dell’uomo, tanto che i singoli lavori prendono il nome degli amici
dell’artista: Kai (Althof),
Dan (Graham)…
In un intreccio di valori formali e soggettivi-personali.
Interessanti sono le Sozialen Fassaden, in cui le facciate dei palazzi diventano il riflesso
della società e della vita che si svolge al di fuori, in una sorta di collage
tra materiali specchianti e foto di piazze e vedute urbane. Tutto esibito in
superficie, mentre più difficile è penetrare all’interno.
Ancora un omaggio a New York e ai suoi grattacieli è
offerto dalla serie Empire/Vampire.
Tanti piccoli teatrini della crudeltà o set cinematografici in miniatura, resi
con ombrelli, pasta, cannucce, bicchieri, giocattoli. Scene apocalittiche come
in un Hieronymus Bosch moderno. Su
tutto, colature di vernici. Un plastico della vita reale che si spinge oltre il
razionale.
“You see it you know it”: no, c’è sempre qualcosa di non riconducibile al già
noto. Difficile tentare un approccio analitico di fronte all’opera di Isa
Genzken.
Le opere più recenti sono dedicate a Michael
Jackson. È la serie Wind, fatta di fogli lucidi, carte a specchio che stavolta
tentano di catturare il movimento del vento. La sfida è ancora più avvincente:
a imprimersi accanto all’immagine di Michael, il vento che in una folata se l’è
portato via.
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antonella palladino
mostra visitata il 10 settembre 2010
dal 10 settembre 2010 al 16 gennaio 2011
Isa Genzken
Museion
Via Dante, 6 – 39100 Bolzano
Orario: da martedì a domenica ore 10-18; giovedì ore 17-22
Ingresso: intero € 6; ridotto € 3,50
Catalogo Mousse
Publishing
Info: tel. +39 0471312448; fax +39
0471223412; info@museion.it;
www.museion.it
[exibart]
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