L’artista
dagli strani abbinamenti, autentici ossimori visivi, è pronta nuovamente a
scatenare domande, reazioni e risposte. Stavolta il confronto è tra due diverse
dimensioni: la realtà del personaggio e la sua rappresentazione.
L’attenzione
è tutta puntata su un Oscar Wilde moderno. Giocando su sdoppiamenti percettivi,
l’inaugurazione dell’ultima mostra del 2009 al Museion di Bolzano si è
trasformata in una vera e propria performance, con spettatori poco consapevoli
di esserne i protagonisti.
Ventisei
fotografie ritraggono la favola vissuta nell’ultimo anno dalla signora Renate
Hirsch Giacomuzzi, nota figura del jet-set locale. A seguirla è stata l’artista
Brigitte Niedermair (Merano, Bolzano, 1971; vive a Milano e Parigi). La
comparsa-apparizione di Madame Hirsch all’opening ha fatto sì che l’attenzione
oscillasse tra due opposti: la realtà della sua presenza fisica e l’immagine
patinata dei suoi ritratti. Ma la sconcertante conclusione è stata che la perfezione
estetica delle foto di Niedermair e quella della persona reale coincidevano in
maniera inequivocabile.
Il quarto
d’ora di celebrità si è protratto per tutta la serata, tra saluti, sorrisi,
mondanità con un pubblico eclettico, curioso forse più del personaggio che del
lavoro fotografico. Tutti quanti complici più o meno ignari, proiettati nello star
system. Obiettivi fotografici, telecamere da ogni parte a immortalare Madame
Hirsch e i “fortunati” che hanno assistito all’evento. Insomma, non solo nelle
sale cinematografiche, ma anche al Museion riecheggia l’imperativo:
Videocracy
– Basta apparire.È
questo che l’artista ha fatto, valicando la bidimensionalità del mezzo
fotografico, innescando il meccanismo dello star system e proiettandovi dentro
chiunque entrasse al pianterreno del Museion. E mentre Lady Gaga, ritratta da
Francesco
Vezzoli,
celebra i trent’anni del Moca di Los Angeles, un’altra icona di stile conclude
la stagione espositiva del Museion. In comune c’è la celebrità, che tanto
interessava
Andy Warhol. Lui però non riuscì mai ad “avere” Madame Hirsch,
nonostante ne fosse affascinato.
E,
come Warhol, Brigitte Niedermair non vuole giudicare questa vita (vita?) fatta
di rituali, ricorrenze, balli, feste e occasioni ufficiali pur di inseguire un
sogno. La rappresenta in una maniera autentica e perseguendo una perfezione
estetica che riconduce a
Robert Mapplethorpe, primo a spezzare
il legame tra foto commerciale e foto artistica.
Perché
non far entrare il gossip nell’arte proprio in tempo di crisi economica? Madame
Hirsch è ritratta in tutte le tappe del suo rituale anno di vita. Immortalata a
St. Moritz in occasione della Cartier Polo World Cup, evento sportivo per un
pubblico d’élite; all’Oktoberfest in abito bavarese; a Venezia, in viaggio
verso la Fenice. Ma anche colta in momenti più intimi, nelle feste di Natale e
di Pasqua, in cui si mette in scena lo stesso rituale di anno in anno.
L’occhio
lucido e quasi scientifico di Niedermair è pronto a registrare stavolta tutti i
dettagli. L’assenza e la sobrietà sembrano lasciare, a volte, il posto a un
immaginario sovraccarico, che allontana la realtà e si avvicina alla pittura. E
l’immagine si fa più potente del reale.