Le sue ultime due grandi esposizioni sono state quelle al MACBA di Barcellona nel 2002 e alla Documenta 11 a Kassel. Questa prima mostra in Italia del californiano Raymond Pettibon è stata realizzata dall’istituzione museale bolzanina in collaborazione con la GAM di Bologna e continua l’ideale percorso tracciato in questi anni da Museion: l’indagine del rapporto tra testo ed immagine.
Nell’opera di Raymond Pettibon il testo è un elemento essenziale e lo slang americano, incomprensibile per molti europei, fa sì che le sue opere siano ad uso di pochi. Solo un ottimo conoscitore della lingua inglese può apprezzare i giochi di parole, i riferimenti alla cultura americana, magari degli anni ’60. Se non si comprende il testo, avverte Andreas Hapkemeir: ”Si rischia di perdere quasi la metà del contenuto del messaggio!”. Le opere sono tuttavia apprezzabili, in chiave pop, anche solo ad un livello superficiale. L’arte pop è stata la più significativa rappresentante della cultura ufficiale degli anni ’70 e Pettibon è cresciuto in questo ambiente fatto di rock, ricerche linguistiche e contaminazioni tra arte e quotidiano. E’ così divenuto il continuatore di un discorso iniziato da Roy Lichtenstein, il primo a portare i comics al livello dell’arte tradizionale. Ma le strisce dell’americano Pettibon si servono del linguaggio fumettistico e vanno oltre: indagano e svelano le grandi e piccole avversità della vita reale. La tecnica usata dai
La mostra comprende circa centocinquanta disegni ad inchiostro ed un lavoro di grandi dimensioni, appositamente realizzato per l’occasione. Inoltre il giorno dell’inaugurazione l’artista ha eseguito una performance sonora, accompagnato da un gruppo musicale che lo segue in tutti i suoi itinerari.
Molte iniziative sono correlate a questo evento. Attorno a Raymond Pettibon è un ciclo di incontri con editori come Sergio Bonelli di Diabolik, Giancarlo Alessandrini di Martin Mystèr, Diego Caielli di Dampyr. I dibattiti sono organizzati da Simone Bazzanella e Federico Giretti, autori del fumetto What if, ambientato proprio a Bolzano.
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mostra visitata il 31 gennaio 2003
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