Mike Kelley (Detroit, 1954; vive a Los Angeles) intende la negazione letteralmente come buco all’interno della nostra esistenza, come lasso di memoria che risulta da un abuso subito. Applica infatti le teorie psicanalitiche della “memoria repressa”, ma non agli eventi tragici che trasformano in un assassino seriale, bensì alla vita quotidiana. Gli abusi a cui Kelley fa riferimento sono le prevaricazioni della nostra individualità.
Inizia così un articolato iter di ricostruzione dei luoghi in cui sono avvenuti questi atti di controllo sull’identità dell’artista e, in particolare, sulla sua formazione. Per far ciò, Kelley torna ai momenti vissuti in casa e soprattutto a scuola, considerata il principale centro di potere. Pezzo su pezzo, mette insieme tutti i ricordi e tutte le stanze di quegli edifici.
Innumerevoli disegni (l’estesa serie
Schematic Architecture), suddivisi e isolati in postazioni di visione che somigliano a banchi di scuola (l’installazione
Repressed Spatial Relationship Rendered as Fluid), narrano questo percorso mentale.
Una ricostruzione fisica in scala lo riproduce fedelmente, al punto che alcune parti sono mancanti, in corrispondenza di qualcosa che il protagonista proprio non ricorda. È l’
Educational Complex (1995/2008) che dà il titolo alla mostra bolzanina.
I colori tornano in un assemblaggio di emblemi scolastici (
Gauntlet), che associano la scuola alla bandiera, simbolo di appartenenza e potere. Un altro elemento d’identità collettiva imposta è il cartello di benvenuto in città (evidentemente, una in cui l’artista ha abitato), con la sottostante lista delle associazioni in essa presenti, tipica della provincia statunitense (
Entry Way. Genealogical Chart).
Lo stretto legame tra l’influenza esercitata dalla scuola e dalla città si concretizza in
Timeless/Authorless (1995). L’artista ha preso le prime pagine di quotidiani locali di cittadine in cui ha vissuto e ha sostituito le immagini con vecchie fotografie di attività extra-scolastiche, integrandole nel bianco e nero. Sono scene di momenti ricreativi, di divertimento popolare che sfocia nel carnevalesco.
Carnevalesco. Ecco un aggettivo rassicurante per chi conosce Kelley. Questo termine ci porta al piano terra, dove si conclude la mostra. Qui troviamo il sovrapporsi di più video-proiezioni con messe in scena fittizie di attività scolastico-ricreative, mentre alle pareti si affollano le immagini reali recuperate dagli annali scolastici. È
Extracurricular Activity Projective Reconstruction.
Non mancano gli affastellamenti di bottoni (
Memory Ware), che Kelley ha iniziato a realizzare nel 2000, riprendendo l’abitudine comune di accumulare oggetti insignificanti ma legati a un preciso ricordo. In coerenza però con il rigoroso approccio psicanalitico è esposta l’opera
Endless Morphing Flow of Common Decorative Motifs (Jewelry Case) del 2002, letteralmente una “
stanza dei bottoni”.
Le piccole cianfrusaglie colorate dimostrano infatti il loro peso e potere, ordinate come sono nel ricostruire un diagramma di flusso, di flusso della memoria. E in forma di diagramma di flusso è stato costruito dallo stesso artista anche il pieghevole che accompagna lo spettatore lungo la visita.
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