L’esposizione – la più grande e completa mai realizzata finora – testimonia la storia del pianoforte a partire dalla sua invenzione, attraverso un imponente numero di esemplari provenienti da collezioni pubbliche e private di tutt’Europa, affiancati da una lauta serie di documenti, dai ritratti di musicisti alle stampe con scene di genere, dai dipinti d’epoca a lettere ed oggettistica (d’antiquariato, s’intende) del settore.
Il percorso scelto è quello storico e, quindi, un po’ di storia. Il pianoforte nacque a Firenze attorno al 1700 dalle mani esperte di Bartolomeo Cristofori (1655-1732), il quale, usando martelletti battenti al posto delle tradizionali piume di corvo del clavicembalo, creò l’arpicembalo – vero e proprio prototipo del moderno pianoforte. A fine secolo una versione ridotta assai apprezzata a Parigi fu il pianoforte da tavolo, gustato in una dimensione intima, privata, salottiera. Mercken fu uno dei primi
Tra i 53 pianoforti esposti, rarità tra le rarità sono tutti i modelli Pleyel conosciuti da Chopin, un esemplare usato da Liszt, dei pianini da viaggio settecenteschi, un pianoforte da bambino, nonché un curioso esemplare a quattro tasti usato da Wagner per il suo Parsifal.
Due le imperdibili occasioni per ascoltare il suono di questi strumenti: i Concerti del martedì e la Guida all’ascolto, nella quale esperti di musica antica eseguono brevi brani su più pianoforti, facendone apprezzare l’estrema varietà di risultato. Perché, come dice Temenuscha Vesselinova, direttore del Museo del pianoforte antico di Ala e curatrice della mostra, ciò che queste sale testimoniano è la varietà un tempo esistente. Oggi vige la standardizzazione, e il pianoforte più ambito è unicamente lo Steinway; un tempo esisteva invece una vasta gamma ad alto livello, e un musicista poteva scegliere a seconda delle proprie personale esigenze, a seconda di quella particolarità di suono di cui era in cerca.
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