Quando una collezione, bella nei suoi pezzi e coerente con una precisa idea di arte, approda in un museo e viene resa disponibile alla fruizione collettiva, non si può che ringraziare coloro che ciò hanno reso possibile. Ancora più significativo è il fatto che questa collezione, appartenuta a una figura imprenditoriale come Luigi Ferro, sia giunta al Mart di Rovereto, dove trova una collocazione quasi ideale, integrandosi perfettamente con le altre raccolte. Il risultato è che il patrimonio di opere e archivi del Museo è già arrivato a una ragguardevole consistenza e sta caratterizzando la collezione permanente con l’arte dell’intero secolo scorso.
La collezione Ferro è ora esposta nella sua completezza con cinquanta opere. Introduce la collezione permanente e, sin dall’inizio, fa percepire una forza capace di trasmettere lo spirito dell’uomo che l’ha costruita con pazienza e sapienza. Cosa che non accade facilmente, perché spesso le collezioni private nascono a fini meramente speculativi, mentre questa è nata per una “pura” passione per l’arte. Una passione che fa riferimento a quel periodo del primo Novecento in cui la pittura figurativa trovava in alcuni artisti una forte spinta all’innovazione. Ma gli interessi di Ferro non si sono fermati a quella stagione, vista la presenza anche di artisti come
Lucio Fontana, in mostra con un
Concetto spaziale del 1960.
Il nucleo della collezione è rappresentato da due figure che, per Luigi Ferro, sono centrali nell’arte italiana dei primi sessant’anni del Novecento, entrambi rappresentati da otto opere:
Giorgio de Chirico e
Giorgio Morandi.
I de Chirico, prevalentemente degli anni Venti, sono stati inseriti nella sezione
Les Italienes de Paris, insieme a
Campigli,
de Pisis,
Savinio e
. È fra l’altro esposta una delle copie delle celebri
Piazze d’Italia realizzate tra il 1911 e il 1914: la
Piazza d’Italia (Souvenir d’Italie) del 1924-1925. E poi
Due figure mitologiche (1927) e i
Mobili della valle (1927). Morandi occupa invece una sezione a sé intitolata
L’immagine del silenzio. È un Morandi particolare, non legato alle nature morte, metafisiche e non, ma soprattutto al paesaggio.
Rimarcabile anche la sezione legata al Futurismo, dove artisti come
Giacomo Balla,
Umberto Boccioni,
Gino Severini e
Ardengo Soffici danno conto di quella particolare attenzione che Ferro ha sempre avuto nei confronti dei rinnovamenti del linguaggio artistico. Non si possono dimenticare le tre opere di
Mario Sironi, inserite nella sezione
Le poetiche del ritorno all’ordine. Tra queste, la più amata da Ferro è
Il povero pescatore (1925). Un’opera che, per il soggetto rappresentato e per il valore morale che Sironi gli attribuisce, dovrà farsi carico nella sua semplicità di costruire la modernità.